Usa. Per i matrimoni gay ancora una lunga strada

di Licinio Germini.
Pubblicato il 24 Luglio 2011 - 16:31 OLTRE 6 MESI FA

BOSTON, STATI UNITI – Sette stati americani riconoscono la legittimità del matrimonio tra gay e, stando ai sondaggi correnti, questo tipo di sposalizio scandalizza sempre meno la popolazione, con la probabile conseguenza che altri parlamenti statali – l’ultimo è stato New York – lo approveranno.

Ma i media riferiscono che esistono ancora ampie sacche di cittadini che tagliano corto sull’argomento con una constatazione ben diffusa: il matrimonio benedetto da Dio può avvenire solo tra un uomo e una donna. E’ una cosa che si legge, specialmente nel sud conservatore, su cartelloni e anche su targhe attaccate ai parafanghi posteriori delle automobili. Su alcune di queste, nel Mississippi, si legge: ”Suonate il clacson se siete contrari ai matrimoni gay”. Beh, anche questa è l’America.

Ora, il piccolo stato del Vermont, nel New England progressista, al confine col Canada, è molto lontano, e non soltanto per la distanza chilometrica, dal Mississippi, che più profondo sud non potrebbe essere, con un passato di razzismo intensivo che ha richiesto negli anni sessanta l’intervento della Guardia Nazionale armata di tutto punto per fare entrare i neri nelle scuole dei bianchi.

Eppure, nel liberal Vermont, c’è ancora gente che non solo non ha alcuna simpatia per i gay, ma considera praticamente demoniaci i loro matrimoni. Chiedetelo a Kate Baker e Ming Linsley, che hanno fatto causa, nella Vermont Superior Court, ai tenutari della locanda Wildflower Inn di Lyndonville, località incantevole, dove avevano deciso di sposarsi in autunno. Perchè? Perchè i tenutari dell’albergo, Jim and Mary O’Reilly, quando hanno capito di che tipo di matrimonio si sarebbe trattato, hanno detto che non se ne parlava nemmeno. E sono anche recidivi, perchè secondo l’American Civil Liberties Unione lo stesso rifiuto lo hanno opposto ad altre due coppie gay.

Ma i tenutari della Wildflower Inn ora sono nei guai, perchè trattando come hanno trattato Kate Baker e Ming Linsley, hanno dimenticato, o fatto finta di dimenticare, che in Vermont ed altri 22 stati dell’Unione e Washington D.C. esiste una legge, la Fair Housing and Public Accomodation Act, che fa divieto a locande, alberghi, pensioni ed altri simili luoghi con più di cinque camere di respingere potenziali ospiti per via del loro orientamento sessuale.

 ”La causa intentata contro la Wildflower Inn – rileva Greg Johnson, docente di legge alla Vermont Law School – visto cosa prescrive la legge sarà vinta dalle due signore, e costituirà un importante precedente in altri stati dove i matrimoni tra gay sono ancora visti come farina del diavolo”.

I precedenti non mancano. Nel 2008 la New Jersey Division on Civil Rights sentenziò che la Ocean Grove Camp Meeting Association, una organizzazione della chiesa metodista, aveva violato la legge dello stato per aver rifiutato di celebrare il matrimonio di due lesbiche nel suo padiglione prospiciente l’oceano.

Mentre il corso della giustizia nel Vermont procede, le due signore non si sono perse d’animo: hanno trovato un’altra locanda nello stato che di obiezioni al loro matrimonio non ne ha fatta alcuna.

Ma non è finita. Il massimo è accaduto a San Francisco, California, dove vive la comunità gay più numerosa di qualsiasi altra città degli Stati Uniti. Una coppia lesbica stava ammirando tenendosi per mano una mostra d’arte al San Francisco Contemporary Jewish Museum quando sono state avvicinate da un addetto alla sicurezza che gli ha detto di andarsene, perchè si tenevano per mano.

Quando le due donne hanno reagito, l’addetto ha tentato di trascinarle fuori dal museo. Fortunatamente è arrivato il capo della sicurezza, che ha licenziato l’addetto su due piedi. Ironicamente, le due donne stavano ammirando un’opera di una famosa artista lesbica.