Chi sale al secondo piano della scuola di italiano per stranieri del Centro Astalli di Roma, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, si trova davanti una scritta che recita: “Ero forestiero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito”. E’ tratta dalla parabola del giudizio finale del Vangelo secondo Matteo. Papa Francesco, primo gesuita a diventare pontefice, l’ha scelta per fare un bilancio sui primi dieci anni del suo mandato.
Nel corso di un’intervista con Il Fatto Quotidiano, quando gli è stato chiesto un resoconto sul suo pontificato, iniziato il 13 marzo del 2013, il Papa ha risposto: “Il bilancio lo farà il Signore quando vorrà . Il modo in cui lo farà ce lo ha detto lui stesso al capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi…'”.
Quella scritta che campeggia nella sede romana del Jesuit Refugee Service è “la via” per Francesco, il metro con cui i fedeli, lui stesso per primo, saranno giudicati da Dio. Accoglienza detto in altro modo. Una parola che mai come in questi giorni, a poco più di due settimane dal naufragio di Cutro, è dominante nelle cronache giornalistiche e nel dibattito politico. Accogliere, come il verbo che fece tremare le ale conservatrici della chiesa quando Francesco lo usò per riferirsi all’approccio verso gay e trans.
Papa Francesco, l’accoglienza al centro della sua missione terrestre
Il pontefice, incontrando i partecipanti al convegno della ‘Cattedra dell’Accoglienza’, tenutosi lo scorso 9 marzo nel Palazzo Apostolico Vaticano, ha rimarcato più volte il tema dell’accoglienza. Il Papa ha invitato i fedeli a “portare avanti il cammino di formazione, per poter sempre meglio vivere l’accoglienza e promuovere una cultura dell’accoglienza”. Facendo riferimento all’Antico Testamento, Bergoglio ha posto attenzione sui passaggi in cui si citano “le tre persone alle quali si deve una speciale attenzione: la vedova, l’orfano e il migrante“.
Francesco ha citato diversi passaggi della sua Enciclica ‘Fratelli Tutti’, spiegando che “per poter operare, per poter generare accoglienza, bisogna anche pensare l’accoglienza”. “L’accoglienza è un’espressione dell’amore, di quel dinamismo di apertura che ci spinge a porre l’attenzione sull’altro, a cercare il meglio per la sua vita”. In un altro passaggio di ‘Fratelli Tutti’, il Pontefice ha lanciato il suo appello ai Paesi del mondo affinché pensino “come famiglia umana” e non singolarmente.
“I nazionalismi chiusi – ha ricordato Bergoglio – manifestano in definitiva questa incapacità di gratuità , l’errata persuasione di potersi sviluppare a margine della rovina altrui e che chiudendosi agli altri saranno più protetti. L’immigrato è visto come un usurpatore che non offre nulla. Così, si arriva a pensare ingenuamente che i poveri sono pericolosi o inutili e che i potenti sono generosi benefattori. Solo una cultura sociale e politica che comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro“.