Fiat, Chrysler, Opel/ Gli operai tedeschi dicono no a Fiat. Ma in Germania sono convinti

Pubblicato il 25 Aprile 2009 - 22:53| Aggiornato il 27 Aprile 2009 OLTRE 6 MESI FA

Gli operai tedeschi hanno preso posizione contro una eventuale acquisizione dell’azienda automobilistica tedesca Opel da parte dell’italiana Fiat.

Klaus Franz, rappresentante dei lavoratori in uno degli organismi aziendali, intervistato dal sito internet del settimanale Spiegel, ha detto che ci sarà una fiera opposizione: «Conosciamo la sposa e non ci piace». C’è stata una collaborazione tra le due case automobilistiche, finita male; soprattutto i modelli di Fiat e Opel si sovrappongono e dalla fusione non potrà che venire una ecatombe di posti di lavoro in Germania. «Gli italiani sono pieni di debiti e vogliono entrare in Opel solo per ottenere prestiti agevolati dal governo tedesco», dice Franz.

C’è un altro pretendente per Opel: è un’azienda della componentistica, Magnaaustro-canadese che il management e gli operai tedeschi preferirebbero, non solo per la sua forte reputazione nel campo di ricerca e sviluppo, non solo perché molti dei capi parlano tedesco, ma anche perché comporterebbe minori tagli occupazionali.

Tutti però in Germania danno Fiat per favorita, sia dagli americani sia dal ministero dell’industria tedesco, e si aspettano la firma di una lettera di intenti a cavallo del primo maggio.

Intanto, a partire da venerdì 24, si sono accese polemiche su una incauta dichiarazione del  vicepresidente della Commissione europea Guenter Verheugen sull’interesse della Fiat per la Opel.

Gli hanno risposto, risentiti, Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat e Sergio Frattini, ministro degli esteri italano, ai quali si è aggiunto, a sostegno e con totale adesione, il primo ministro Silvio Berlusconi.

Sabato ha parlato anche Johannes Laitenberger, portavoce di José Manuel Barroso, presidente dell’Unione europea. Interpellato dai giornalisti sulle parole del commissario socialista all’industria, il portavoce di Barroso ha ricordato che il salvataggio dell’industria dell’auto europea è di primario interesse della Commissione europea che esaminerà ogni soluzione in maniera aperta, costruttiva ed imparziale, fermo restando che ogni scelta spetta innanzitutto alle parti interessate.

Segue una nota: «Lungo tutto l’arco del suo mandato, la Commissione europea, cosciente dell’importanza economica e sociale dell’industria dell’auto in Europa, si è impegnata a favore del futuro di questa industria. In seno al collegio c’è consenso sul fatto che di fronte alla crisi economica e finanziaria attuale, ogni pista di soluzione deve essere esaminata in maniera aperta e costruttiva. Come d’obbligo, questo esame spetta innanzitutto alle stesse parti interessate. Quanto alla Commissione europea, valuterà ogni dossier che le sarà eventualmente sottoposto nel quadro delle sue competenze e funzioni in maniera obiettiva ed imparziale. A nome della Commissione, il presidente garantisce questo approccio collegiale e rigoroso».

In modo un po’ acritico, sabato si è schierato a favore di Fiat l’ex sindacalista e ministro del lavoro italiano Cesare Damiano, attualmente deputato del Pd: «È interesse dell’Europa un rafforzamento dell’industria automobilistica del continente che passi attraverso un’alleanza tra i principali produttori. Le scelte che la Fiat sta compiendo in questa direzione dovrebbero essere sostenute, anziché criticate come è stato fatto nei giorni scorsi».

Damiano, a quanto riferisce l’agenzia di stampa Agi, aggiunge: «La presa di posizione di Barroso, seppur tardiva, chiarisce una cosa ovvia: che l’Europa deve avere un atteggiamento imparziale e rispettoso della volontà delle parti in causa. Saggezza vorrebbe che l’avversione di ieri e la cautela di oggi fossero sostituite da un incoraggiamento all’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che si pone il problema di dare all’industria automobilistica italiana ed europea una dimensione produttiva capace di affrontare la crisi globale».