Fiat, Chrysler, Opel/ Il New York Times e il grande rischio di Marchionne

Pubblicato il 26 Aprile 2009 - 12:45| Aggiornato il 27 Aprile 2009 OLTRE 6 MESI FA

Mentre passano febbrili le ore che mancano ala scadenza fissata dal presidente americano Barack Obama per la conclusione, in un senso o nell’altro, delle trattative per l’ingresso di Fiat in Chrysler e gli operai tedeschi mandano minacciosi segnali all’idea che gli odiati italiani diventino i padroni di Opel,marchionneil New York Times dedica una approfondita analisi alla strategia di Fiat e del suo consigliere delegato Sergio Marchionne, con  foto e dichiarazioni di gente della famiglia Agnelli e di analisti finanziari.

«Si tratta di una enorme scommessa di management», dice uno di questi, Max Warburton, di Sanford C. Bernstein.

Si ha l’impressione, dice, che Marchionne voglia creare un nuovo impero romano nell’industria dell’auto. «Sarà enormemente difficile far funzionare davvero tutto l’inseme. Come andare sulla luna».

L’articolo riconosce a Marchionne certe qualità indispensabili. Secondo un negoziatore di parte americana, Marchionne è «incredibilmente duro, un personaggio molto forte, e molto pieno di sé ».

Poi la strategia. Marchionne da tempo sostiene, dice il New York Times, che Fiat ha bisogno di produrre da 5,5 a 6 milioni di auto all’anno, e non gli attuali 2,2 milioni per essere davvero profittevole: Fiat, Chrysler e Opel assieme arriverebbero a quel livello, e ne nascerebbe uno dei cinque più grandi produttori di auto al mondo. E aggiunge: in un momento straordinario, quando la crisi globale ha messo in ginocchio governi e capi delle aziende automobilistiche, Marchionne ha trovato il modo di costruire un impero senza metterci quasi un soldo.

Il New York Times conclude citando ancora l’analista Warburton: «Non bisogna mai dare le aziende per morte. Hanno l’abitudine di resuscitare».