Iran: Obama per forza di cose è schierato con Ahmadinejad, Mousavi è un loser

di Licinio Germini
Pubblicato il 18 Giugno 2009 - 19:38| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è tutto meno che contento dei disordini e del fermento in Iran seguiti alla contestata rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad.

Ma non perchè eccessivamente preoccupato della sorte dei sostenitori del candidato riformista sconfitto Mir Hossein Mousavi, quanto perchè gli ultimi avvenimenti nel Paese islamico intralciano la sua strategia di ravvicinamento col regime di Teheran, impegnato in un  minaccioso programma nucleare.

La tesi del politologo Robert Kagan, analista del Carnegie Endowment for International Peace, è che quanti ora nella sua amministrazione si sbracciano in favore della democrazia in Iran infastidiscono Obama, che ha ben altri piani in mente.

Non che il capo della Casa Bianca sia ostile a Mousavi, sebbene convinto che questi non sarebbe stato molto diverso da Ahmadinejad, specialmente per quanto riguarda il nucleare, ma in base ad una per lui necessaria realpolitik il suo interlocutore non può essere che chi ha vinto le elezioni e continuerà a governare il Paese: Ahmadinejad.

Mousavi, scrive Kagan, è un loser, un perdente, e cercare di sostenerlo – quando è evidente che non riuscirà mai a scalzare Ahmadinejad almeno per i prossimi quattro anni – per Obama è un esercizio inutile. C’è chi ha creduto che nel suo recente discorso al Cairo Obama abbia inteso dare fuoco alle polveri in Iran, ma la verità è che non lo ha  mai pensato neppure lontanamente.

Le oceaniche manifestazioni a Teheran, la repressione e il nervosismo del regime, ora occupato a contenere la situazione interna, per Obama non sono altro che complicazioni nei suoi tentativi di agganciare Ahmadinejad e migliorare le relazioni bilaterali, attualmente pessime.

I cauti e guardinghi commenti di Obama sulle dimostrazioni a Teheran ne sono la dimostrazione. Perchè, sostiene Kagan, se l’amministrazione vuole dialogare con Ahmadinejad, non può certo pensare di farlo mentre aiuta o incoraggia i suoi nemici.

Ne consegue, rileva Kagan, ”che la strategia di Obama lo collocca oggettivamente al fianco di Ahmadinejad nei suoi tentativi di riportare l’Iran alla normalità, e non a fianco degli sforzi dell’opposizione di prolungare la crisi”. Tanto più rapidamente la situazione si tranquillizzerà in Iran, quanto più celermente Obama potrà ricominciare a cercare di raggiungere un accordo col presidente eletto.

Conclude Kagan: ”Se trovate tutto ciò inquietante, avete ragione. Anche perchè probabilmente la strategia di Obama non riuscirà comunque ad impedire che l’Iran si doti di armi nucleari. Ma allo stato dei fatti, questa è la realpolitik del presidente”.