Saluto romano non è apologia di fascismo: assolti 2 militanti Casapound

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Ottobre 2016 - 13:35 OLTRE 6 MESI FA
Saluto romano non è apologia di fascismo: assolti 2 militanti Casapound

Saluto romano non è apologia di fascismo: assolti 2 militanti Casapound

ROMA – Il saluto romano non è reato, se non si diffonde l’ideologia fascista. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano che ha confermato l’assoluzione dei due militanti di Casapound, Marco Clemente e Matteo Ardolino, accusati di apologia di fascismo per aver mostrato il braccio teso ad una manifestazione commemorativa dello studente Sergio Ramelli, di Enrico Pedenovi e di Carlo Borsani.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici di secondo grado scrivono che i due avrebbero compiuto “gesti rituali del disciolto partito” fascista, ma “non è chiaro” se “il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva” della ideologia.

Il sostituto pg Annunziata Ciaravolo, così come l’associazione nazionale partigiani Anpi che si è costituita parte civile, aveva chiesto la condanna a 6 mesi di reclusione per i due imputati. La Procura appellante aveva infatti ribadito “la sussistenza negli imputati della volontà diffusiva della ideologia fascista, intrinsecamente connessa alla modalità della manifestazione commemorativa”.

Ma il 21 settembre 2016 la Corte d’Appello ha confermato il verdetto del gup. “Non vi è dubbio”, scrivono i giudici, che ci sia stato da parte degli imputati il richiamo all’ideologia del fascismo, tra cui l’uso di “bandiere con croci celtiche (in realtà non utilizzata dal partito fascista, ma da alcuni movimenti politici di destra che hanno associato il simbolo al fascismo), la chiamata al presente e il saluto romano”. Ma prosegue la sentenza: “Appaiono dubbie la volontà e la capacità diffusiva della manifestazione stessa”.

I giudici di secondo grado, citando alcune sentenze della Corte Costituzionale, hanno ricordato che penalmente rilevanti sono quelle manifestazioni in cui i “gesti di richiamo all’ideologia fascista siano svolti in occasione di una riunione pubblica” e “che vi sia il dolo, anche generico, di volere diffondere ideologia”, con atteggiamenti “tali da porre in pericolo l’ordine democratico”. La Corte ha quindi ribadito, come già rilevato dal gup, la natura “commemorativa” della manifestazione dell’aprile 2014, nata per ricordare “la morte di tre persone, uccise nell’ambito di una violenta lotta politica, a causa della loro adesione a una ideologia”.

I partecipanti, infatti, “hanno sfilato in assoluto silenzio, con un atteggiamento di rispetto nella memoria delle vittime di violenza”, senza “innalzare cori inneggianti” o esprimere “propaganda e volontà di diffusione di un’ideologia”. Inoltre la loro condotta, che “non implica di per sé l’intenzione di sollecitare l’adesione all’ideologia da parte di un numero indeterminato di persone estranee alla manifestazione”, secondo la Corte d’Appello, va valutata anche in relazione “all’evoluzione storico sociale che impone di valutare in maniera più rigorosa la sussistenza o meno del pericolo di diffusione dell’ideologia”.

A marzo scorso, con una sentenza della Cassazione, che aveva dichiarato la “inammissibilità totale” del ricorso della Procura di Milano, era diventato definitivo il proscioglimento di altri sette militanti di estrema destra accusati di apologia del fascismo per avere fatto il saluto romano nella stessa occasione. Tra loro, l’ex consigliere provinciale milanese di Fratelli d’Italia Roberta Capotosti.