Terremoto, Abruzzo, emergenza. La Protezione civile non può agire fuori e sopra delle leggi italiane

di Luigi Zanda
Pubblicato il 26 Maggio 2009 - 15:03| Aggiornato il 17 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Tutti sanno che Guido Bertolaso ha fatto a Napoli un buon lavoro e per merito della Protezione civile la città è tornata pulita e, quanto meno sotto il profilo della raccolta dei rifiuti, quasi normale.I meriti di Bertolaso non possono però obbligare i cittadini, e il Parlamento che, almeno per ora, li rappresenta, fin che Berlusconi non glielo impedirà, ad accettare a scatola chiusa le norme anomale e singolari di funzionamento di un apparato pubblico, la Protezione civile, che dovrebbe funzionare con attenzione non solo ai risultati ma anche al “come” vengono conseguiti.

Vediamo quelli che, a giudizio di chi scrive, sono i punti di maggiore criticità nelle regole attualmente in vigore. Sono solo tre, ma grandi e pesanti come macigni.

Il primo è quello della “accountability” degli atti della Protezione civile. Dovrebbe apparire evidente a tutti e per tutti assolutamente naturale che i provvedimenti del commissario
1) vengano dettagliatamente motivati;
2) siano trasparenti;
3) siano sottoposti al controllo successivo di legittimità da parte della Corte dei conti, con tutte le conseguenze che da tale controllo possono conseguire.

Trasparenza e controllo a posteriori non mi pare interferiscano in alcun modo con le attività urgenti di soccorso della Protezione civile. Se norme del genere fossero state in vigore in occasione del terremoto che ha colpito l’Abruzzo, la Protezione civile avrebbe potuto agire senza quei lacci e lacciuoli che spesso, lo sappiamo tutti, frenano e anche paralizzano l’attività degli enti pubblici. Ma credo che tutti noi, cittadini italiani, quale che sia il partito per cui votiamo, saremmo anche più felici di sapere che l’organo giurisdizionale preposto al controllo contabile della pubblica amministrazione avrà la possibilità di analizzare le voci di spesa, le scelte fatte e le relative motivazioni, gli appalti assegnati.

La mancanza di trasparenza va di pari passo con la quantità di leggi che possono essere ignorate dalle ordinanze della Protezione civile.
Si tratta di un elenco di quattro pagine: una pagina fitta di articoli del codice degli appalti, di mezze pagine fitte di norme sul procedimento amministrativo, sul patrimonio e la contabilità generale dello Stato, e di diverse altre norme sull’espropriazione per pubblica utilità, sull’ordinamento degli enti locali, in materia ambientale, in materia di occupazione e mercato del lavoro, eccetera. A parte i possibili problemi di costituzionalità (mi chiedo infatti come nel nostro ordinamento possa esistere una legge che autorizza atti amministrativi successivi ad aggirare un pacchetto così consistente di norme con forza di legge), questa straordinaria eccezione può sussistere nel breve momento dell’emergenza, ma non può essere allargata ad eventi di “normale amministrazione” di cui parlerò tra poco; e comunque l’eccezione non può essere protratta nel tempo.

Il Governo però purtroppo è di parere opposto e questo mi fa pensare che esistano delle ragioni di fondo, delle motivazioni politiche, che però sfuggono a me e sfuggono alla gran parte dei cittadini.

Il secondo punto è ancor più delicato, perché rappresenta una anomalia assoluta rispetto ai principi organizzativi dello Stato italiano, anzi, di tutti gli stati del mondo: la distinzione tra responsabilità politica e responsabilità operativa. L’anomalia è che il sottosegretario Bertolaso riveste contemporaneamente la carica di Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e la carica di Capo del Dipartimento della Protezione civile.
Questo è un errore che indebolisce fortemente il credito di cui il sottosegretario Bertolaso ha bisogno per svolgere la sua missione.

Nella storia della Repubblica italiana (ma se penso un attimo a quel che so del resto del Mondo, dagli Stati Uniti alla Francia, dappertutto è così) non è mai accaduto che un membro del Governo abbia rivestito contemporaneamente la carica di capo dipartimento o direttore generale di un Ministero. I motivi di fondo riguardano la distinzione tra la pubblica amministrazione e l’attività del Governo. La pubblica amministrazione, per dovere costituzionale, è tenuta all’imparzialità; il Governo, per la sua natura, è tenuto ad esprimere un indirizzo politico.

Quale sarebbe la nostra reazione se il capo della Polizia chiedesse di fare il Sottosegretario all’interno, se il Segretario generale del Ministero degli affari esteri chiedesse di fare il Sottosegretario agli esteri o se il capo di stato maggiore chiedesse di fare il Sottosegretario alla difesa?

Si tratta di un cumulo di cariche che deve essere in qualche modo risolto da Bertolaso stesso per primo e poi comunque da Berlusconi, perché la situazione in sé è malsana, a prescindere dalle qualità, magari eccelse, delle persone.

La terza anomalia del sistema della Protezione civile è l’eccesso delle competenze. Abbiamo bisogno di una Protezione civile che si occupi di protezione civile e di emergenze; non vedo per quale motivo debba occuparsi del 150 anniversario dell’Unità d’Italia, dell’incontro internazionale per la pace a Napoli, dell’Expo di Milano, della visita del Papa ad Assisi e potrei continuare. Credo che esista la necessità di delimitare i compiti della Protezione civile al suo ambito proprio e non ad altre questioni di cui si occupano altri organi nell’ambito della legislazione ordinaria.

La cosa assume contorni addirittura preoccupanti se si pensa , come ho scritto prima, che ad eventi come un incontro internazionale o una visita papale si applicano le stesse regole di eccezionalità che rendono la Protezione civile una istituzione per molti aspetti totalmente svincolata dalle leggi in vigore in Italia. Che bisogno c’è? Quando Bertolaso si è occupato della preparazione del Giubileo del 2000 (e lo ha fatto in modo egregio), evento di gran lunga superiore, per impegno, dimensione, complessità e durata, a un viaggio del Papa o a un G 8, ha agito nell’ambito della legislazione ordinaria, senza modifica alcuna alle leggi dello Stato.

Il ricorso alle leggi speciali non piace alla democrazia, anzi le nuoce. Nella storia italiana abbiamo visto precedenti da non imitare. L’Italia ha bisogno di serenità, non di emergenze e la serenità, quando ci si trasferisce in politica, impone leggi certe e che valgano per tutti.