Università, documento Gelmini contro il “3+2”: “Un fallimento, troppe sedi e corsi inutili”
Se l’aumento dell’offerta formativa è direttamente proporzionale all’incremento dei costi la formula del 3+2 all’università si avvia verso una débacle annunciata. Mentre le immatricolazioni sono in calo, crescono le cattedre per i professori.
Le strutture decentrate si distribuiscono capillarmente nel territorio nazionale, ma non ci sono abbastanza studenti per giustificare l’esistenza di tutte queste sedi. Per di più spesso alle domande non rispondono, sono meno preparati rispetto a quanto dovrebbero sapere. Nel 2003 i diplomati che si iscrivevano all’università erano il 74, 5%. Ora sono in calo e a lasciare le lezioni alla fine del primo anno è uno studente su cinque.
Sul versante titoli la situazione non migliora: la riforma voluta nel 1998 da Luigi Berlinguer è una macchina che, seppur giovane, mostra i segni del tempo e soprattutto dell’usura. Chi si affacciava al mondo dell’università con il sogno di laurearsi in tempo e trovare un impiego in massimo tre anni ha fallito: l’80% dei ragazzi è costretto a iscriversi ai corsi magistrali. Da un lato il panorama lavorativo è saturo e malmesso per quanto riguarda i contratti, dall’altro rifiuta i curricula degli studenti che hanno solo la laurea triennale.
L’arrivo del nuovo ministro dell’Istruzione in viale Trastevere costringe a sciogliere ogni riserva di rettori e docenti nostalgici, negli atenei è in arrivo la rivoluzione modello Gelmini.
Il numero dei professori, passati da 51 a 61 mila in soli dieci anni, deve essere drasticamente ridotto. Stessa linea anche per le facoltà inutili o poco frequentate: per le triennali il tetto massimo fissato a sei studenti per attivare un corso di laurea si è rivelato troppo basso, così come quello di dieci nelle specialistiche. Manovra opposta invece per quanto riguarda crediti e ore, il ministro è deciso ad eliminare i corsi inferiori a 6 crediti, pari a 30-35 ore.
