“Vuoi lavorare? Ti invio il materiale e tu lavori da casa”. Ma alla fine i soldi non arrivano. Spopolano bizzarri annunci truffa sui giornali locali. E a cadere nella trappola sono sempre di più

Pubblicato il 27 Luglio 2009 - 11:56 OLTRE 6 MESI FA

«Aronne Piperno, tu hai lavorato bene ma io non ti pago», diceva lo sbruffone Marchese del Grillo all’ebanista che gli aveva rifatto tutto il mobilio. Una truffa in grande stile di un datore di lavoro che prima promette un guadagno, ti fa fare il lavoro e poi non ti paga. Una scena che, al di là del famoso film con Alberto Sordi, ricorda tanto un’Italia quasi dimenticata, quella in cui la gente si arrangiava come poteva, magari vendendo all’angolo della strada le sigarette Nazionali senza filtro di contrabbando e le truffe erano sempre dietro l’angolo.

Oggi, come rivela “La Stampa”, in un’Italia in ginocchio per la crisi economica, tornano le offerte di lavoro “da casa”, gli annunci di lavoro più strampalati sui giornali locali, quegli annunci che promettono l’America, ovvero un guadagno sopra la media per un lavoro semplice e veloce da fare comodamente seduti nella propria poltrona. Cosa c’è dietro? Nel 90 per cento dei casi una truffa. Oggi l’autorità Antitrust rivela che la malapianta della pubblicità ingannevole e degli annunci di lavoro truffaldini è sempre verde. Ma per arginare il fenomeno iniziano a fioccare le multe salate.

Il sistema delle truffe è per lo più sempre lo stesso: l’annuncio promette un lavoro da svolgere a casa per un guadagno di circa 1600 euro mensili. Per poter lavorare l’interessato deve però comprare il materiale per confezionare collanine, bracciali, buste, per lo più articoli che non si vendono nemmeno in un mercatino di periferia.

Dopo aver ricevuto a casa una scatola piena di perline, spillette vintage, ornamenti, e chi più ne ha più ne metta, si confeziona il prodotto finale e lo si rispedisce al datore di lavoro. E qui viene il bello. Perché nella maggior parte dei casi l’azienda si rivela “fantasma” e l’agognato stipendio non arriva. I più “fortunati” ricevono anche una motivazione per il mancato pagamento: «Lavoro mal realizzato». Come a dire, oltre al danno anche la beffa.

Ad essere tratte in inganno sono state tantissime persone e altrettante le aziende “truffaldine”, come rivela La Stampa. Basti pensare che una di queste, la “Creazioni Annabella” del signor La Rocca che faceva pagare 68 euro a kit per “impreziosire” cinture, prima di essere multata dall’Antitrust (multa di 50 mila euro) ha inviato ben 9556 kit, per un incasso di oltre 310 mila euro. Ne sono stati rimandati indietro 5016 e li hanno pagati invece in 4540. Di questi “aspiranti lavoratori” solo 336 sono stati pagati per il lavoro svolto.

L’azienda del signor Rocca non è certo isolata. Multe altrettanto salate sono state fatte, ad esempio, alla “Anacoth” di Firenze, proprietà di Omar Olianas che ha truffato centinaia di aspiranti lavoratori promettendo un ingaggio per montare penne a sfere (75 mila euro di multa) o alla “Nuovo club dell’Amicizia” di Maria Angela Lelli di Ravenna (35 mila euro di multa).

La palma del più perseverante va sicuramente alla “Dodotour Evolution Travel” che, già beccata per truffa nel 2007 e multata per 25 mila euro, ci ha riprovato nel giugno 2008 ed è stata nuovamente fermata da una multa record di 100 mila euro. Non contenta nell’ottobre 2008 ha perseverato nell’errore ed è tuttora aperto un procedimento nei suoi confronti.