Domani vertice di Copenhagen sul futuro della Terra, ma si teme un flop

Pubblicato il 6 Dicembre 2009 - 09:44| Aggiornato il 7 Dicembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

Leader mondiali al completo in rappresentanza di oltre 100 paesi, circa ventimila delegati, tra i 20.000 e i 30.000 attivisti dei movimenti sociali, più di 5.000 giornalisti. Se non un successo sicuro, sicuramente il vertice sul clima che si apre lunedì a Copenaghen si annuncia superaffollato.

La “missione” è quella titanica di trovare soluzioni per salvare il pianeta dal surriscaldamento, problema che, prima ancora di arrivare sul tavolo dei leader, è finito nello scandalo del “Climategate”. Potrebbe infatti essere un processo a ritroso quello del vertice più atteso dell’anno.

Dopo le email rivelatrici dei ricercatori scoperte dagli hacker e diffuse in tutto il mondo infatti ai dubbi del “come fare” si sono uniti quelli del “perchè farlo e a vantaggio di chi?”. Domande che rischiano di acuire le tensioni tra paesi industrializzati e non, e trasformare l’incontro in un “flop” clamoroso.

Prima vittima eccellente del Climategate è stato intanto Al Gore. Le migliaia di e-mail nelle quali noti accademici hanno ammesso di aver falsificato dati sull’effetto serra per avvalorare teorie sul clima, ha infatti travolto l’ex vicepresidente americano, autore del documentario “An incovenient truth”, premiato con due Oscar per la sua forte denuncia sui rischi del pianeta.

Molte delle informazioni del documentario sarebbero state di quelle “false” denunciate dai ricercatori. E così Gore si è visto annullare da Hollywood, proprio alla vigilia del vertice, le statuette prese nel 2007. A tutta risposta Gore si è “negato” a Copenaghen. Il democratico Usa infatti era molto atteso nella capitale danese dove aveva in programma una conferenza stampa il 16 dicembre sul suo nuovo libro “Our Choice”.

Scandalo a parte, il focus del summit sarà quello di un pianeta che si sta surriscaldando a ritmi vertiginosi. Si calcola che le temperature aumenteranno entro il 2100 tra l’1,1 e i 6,4 gradi Celsius. L’IPCC (l’Intergovernmental Panel on Climate Change), il gruppo internazionale di ricercatori sul surriscaldamento climatico organizzato sotto l’egida delle Nazioni Unite, ritiene che la previsione più probabile è che l’oscillazione sarà tra l’1,8 e i 4 gradi Celsius.

Ma anche rimanendo fermi alla stima inferiore, le conseguenze potrebbero essere gravissime in varie parti del mondo. Di qui la necessità di ridurre i gas inquinanti. Le speranze vanno tutte in direzione di un accordo «pieno» per ridurre le emissioni a livello globale, anche se i paesi in via di sviluppo premono per non impegnarsi troppo in intese che li costringano a rallentare il loro sviluppo. Tra questi l’India che oggi ha però comunicato ufficialmente che sarà rappresentata dal suo premier Manmohan Singh.

L’Onu è comunque ottimista così come il premier danese, Lars Lokke Rasmussen e la presidenza Ue, secondo cui la presenza prolungata del presidente Usa Barack i Obama è sicuramente un buon segnale. Obama infatti aveva detto che sarebbe andato a Copenaghen solo se avesse capito che la sua presenza avrebbe contribuito a un’intesa.

Infine gli ultimi annunci di Cina e India sulla disponibilità di tagliare le emissioni hanno avvicinato la possibilità di un accordo più sostanzioso. Il nodo resta quello del finanziamento dei costi che i Paesi poveri dovranno sostenere per poter adottare tecnologie pulite e così ridurre le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Negli ultimi giorni è emerso un principio di accordo per cui i Paesi ricchi finanzieranno 10 miliardi di dollari all’anno, a partire dal 2012, per aiutare i più poveri.

Il governo Usa, ha assicurato venerdì il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, pagherà «la giusta quota» dell’ammontare, così come -ha aggiunto- gli altri Paesi prenderanno analoghi «impegni sostanziali». La Casa Bianca si è anche impegnata a ridurre le emissioni del 17 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005. Uno sforzo che sarà progressivo in maniera che per il 2025 ci sarà una riduzione del 30 per cento, per il 2030 del 43 per cento e per il 2050 dell’83 per cento. Tra i più virtuosi l’Unione Europea che si presenta con un impegno per la riduzione del 20 per cento nel 2020 fino ad arrivare fino al 30% se altri Paesi sviluppati fisseranno riduzioni analoghe.

Intanto alla vigilia del Summit è arrivato anche l’incoraggiamento del Vaticano: «La Conferenza di Copenaghen sul clima sarà considerata un successo o un fallimento a seconda degli impegni che si assumeranno i governi, soprattutto dei Paesi più potenti e più grandi» ha affermato il portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi.

Il tutto sempre che le proteste non prevarranno sui lavori del Summit: Gran Bretagna e Irlanda già si preparano a un week-end di proteste e manifestazioni. Mentre sull’onda del Climategate, il Met Office (servizio meteorologico britannico)  ha messo in cantiere il riesame dei dati sulla temperatura del pianeta relativi agli ultimi 160 anni. Un tentativo di sedare la polemica e di far partire in serenità il vertice.

A partire per Copenaghen intanto  è stato il Climate Express, il treno del clima pieno di esperti di ambiente che viaggeranno fino all capitale danese. Un viaggio ecologico che produrrà solo 14,2 chili di emissioni di CO2 a passeggero, contro i 43,6 chili di un’automobile e gli 82,4 chili di un aereo.