Liguria, “tornate a fare i contadini”. Soldi per evitare frane e crolli

Pubblicato il 26 Settembre 2012 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA

GENOVA – Non c’è più gente che lavora la terra, che va in malora e con l’autunno in Liguria torna la paura: dopo l’alluvione del 2010 che mandò sott’acqua Sestri Ponente, il disastro delle Cinque Terre lo scorso anno e la frana a strapiombo della via dell’Amore di qualche giorno fa, le nuove piogge in arrivo sullo spezzino non lasciano presagire nulla di buono. Per questo il governatore della Liguria Burlando ha preparato una legge che verrà votata entro ottobre, per creare alcune cooperative che si occuperanno di mettere in sicurezza boschi e terrazze lasciate al loro destino. Passando per incentivi economici ai figli che vorranno tornare a lavorare le terre dei padri. E la ragione è che “ogni volta che si vanno a cercare le cause dei disastri si scopre lo stesso problema. Non c’è più gente che lavora la terra, che va in malora”, spiega Burlando.

Nell’ultima settimana il governatore della Liguria ha lavorato a stretto giro col ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca. L’obiettivo comune è la creazione di un fondo Fas per le aree sottoutilizzate dal quale attingere incentivi economici per il ripopolamento delle zone interne.

Ma i contenuti della legge in cantiere alla Regione sono piuttosto delicati e rischiano di far sorgere non pochi timori da parte del governo. Se nessuno le cura, le terrazze vengono giù, è il ragionamento impeccabile di Burlando ma intervenire sulla proprietà privata non è certo cosa che passa inosservata.

“L’incuria provoca un danno – argomenta il governatore – Se il proprietario esegue quel che gli viene chiesto di fare, amen. Altrimenti interveniamo noi. Non è certo un esproprio, e neppure una misura punitiva, ma un semplice intervento su terreni non coltivati, magari non per colpa del proprietario, che restano nella nostra disponibilità fino a quando non vengono messi in sicurezza”.

E poi c’è il problema del recupero costi, nel progetto di legge è previsto che le cooperative vengano ripagate con il frutto del loro lavoro, proveniente dal terreno sul quale sono intervenute. Se non fosse che la raccolta di legna e castagne non è proprio redditizia e non ha mai sfamato nessuno.  “Si tratta di un intervento in casa d’altri – ammette – che può anche essere letto come una limitazione della proprietà privata. Ma qualcuno se ne dovrà pur occupare”.

Ben vengano le opere pubbliche per la salvaguardia della montagna ligure, ma il giochino delle cooperative sa un po’ di spot elettorale.  Certo è che dalla sua, Burlando ha i numeri: nel dopoguerra la Liguria contava 150 mila persone che lavoravano la terra. Ora a presidio dei campi sono rimasti in meno di 14 mila e per lo più anziani. Bisogna incentivare i figli a riprendere il lavoro dei loro padri, ma questo non è il 1929 di Roosevelt e alle spalle non c’è uno Stato in grado di sostenere interventi e spese di tali proporzioni.