Nucleare, l’Europa rimane divisa e indecisa sul futuro delle sue centrali

Pubblicato il 7 Aprile 2011 - 19:04 OLTRE 6 MESI FA

Il disastro di Fukushima (Ap/ Lapresse)

STRASBURGO – Il panico partito da Fukushima e diffusosi in tutto il mondo non è arrivato a Strasburgo. O almeno, se è arrivato, non se ne sono accorti i parlamentari dei 27 paesi dell’Unione europea che oggi, 7 aprile, si sono frantumati al momento di votare una risoluzione di raccomandazioni per i governi sul tema della sicurezza dopo l’incidente giapponese. Così non è passato né il testo comune né uno di quelli presentati dai cinque principali partiti.

A suscitare le divisioni, non solo tra gruppi politici, ma anche tra ‘squadre’ nazionali e all’interno degli schieramenti, sono stati due temi: una richiesta di uscita dal nucleare ”a medio e lungo termine” avanzata dai socialisti con il Pd in testa, ed una moratoria per l’attivazione di nuovi reattori almeno fino a che non saranno completati gli ‘stress test’ che entro l’anno si faranno su tutte le 148 centrali atomiche del continente.

Forse è stata la forza delle lobby dell’energia, fatto sta che i Verdi, in Europa, sono riusciti a far sentire davvero la  loro voce soltanto in Germania, con la sconfitta dei conservatori di Angela Merkel nonostante  una promessa di moratoria che puzzava di promessa elettorale.

Tra i parlamentari italiani a Strasburgo è finita a tutti contro tutti. Con il Pdl, che vorrebbe il rilancio dell’atomo, diviso sulla moratoria. Con l’Idv, che ha proposto il referendum antinucleare, separato in casa sulla votazione finale. E con il Pd che non vede passare la sua proposta ma canta vittoria perché il ‘no’ alla risoluzione finale dimostrerebbe che ”non si può parlare di nucleare senza parlare di strategie di dismissione e di investimenti sulle energie rinnovabili”.

Eppure alla vigilia, tutti – il Ppe dei 21 premier su 27 Ue, i social-democratici dello S&D, ma anche i Verdi, i lib-dem dell’Alde ed i comunisti del Gue – avevano trovato un accordo su una risoluzione comune che chiedeva di imparare la lezione giapponese e quindi – tra l’altro – di chiudere gli impianti che dovessero fallire i test ed avere esperti indipendenti nella conduzione dei controlli.

Sulla uscita dal nucleare, inserita forzando la mano sul Trattato di Lisbona che riserva in esclusiva ai governi le scelte di politica energetica, lo S&D si è trovato contro troppi interessi. E’ andato sotto per 326 no, 251 sì e 47 astenuti, pur avendo diviso il Ppe: con 4 italiani del Pdl, gli austriaci, alcuni tedeschi e qualche francese che hanno detto sì. Per i socialisti era la linea del Piave: o passava quel testo, o avrebbero detto no su tutto.

Ma lo scontro tra fazioni si era già scatenato sulla richiesta di ”moratoria per lo sviluppo e l’attivazione dei nuovi reattori nucleari almeno per il periodo in cui si svolgono e si valutano le prove di stress”. L’idea generale è passata (311 sì, 277 no, 31 astensioni), con il sì anche dei socialisti francesi (i cui governi avviarono il programma nucleare di Parigi che genera il 75% del fabbisogno elettrico del paese) e il sostegno di 9 deputati Pdl. Sulla durata invece sono prevalsi i no.

Di fatto sono emerse le divisioni per interessi nazionali. Tolti i Verdi sempre compatti, i socialisti inglesi ed est europei hanno cominciato a votare contro le indicazioni di partito, così come nel Ppe i tedeschi della Cdu della Merkel e gli austriaci antinuclearisti convinti.

Nella votazione sul testo finale sono saltati tutti gli schemi. Il Ppe, il cui capogruppo francese Joseph Daul voleva comunque l’approvazione, ha perso 56 dei suoi voti (7 dei quali francesi). Nello S&D il capogruppo Schulz si è astenuto, ma la maggioranza – con tutto il Pd guidato da Sassoli – ha votato per la bocciatura di ”un testo monco”. Con loro i Verdi. Nell’Alde ai 43 favorevoli compreso il capogruppo Verhofstadt, hanno risposto 10 contrari. Con il caso dell’Idv promotore del referendum in Italia che ha visto il sì del capogruppo Rinaldi e i no di Alfano, Uggias e Vattimo. Divisi persino gli euroscettici: con Lega a favore di un testo che prevedeva una moratoria a tempo indeterminato e gli inglesi dell’Ukip contro.

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