Non chiamatele scodelle, il design riscopre la storia con due giovani cervelli in fuga

Pubblicato il 26 Luglio 2011 - 18:43 OLTRE 6 MESI FA

EINDHOVEN – C’è il gusto dell’artigianato arabo, l’amaro dell’immigrazione disperata, l’ombra della crisi ambientale nelle creazioni di Andrea Trimarchi e Simone Farresin. Non sono soltanto scodelle, vasi e ciotole di design: sono oggetti che hanno un anima, creazioni che portano nella loro memoria i profumi e i dolori di una terra.

E’ la festa di San Giuseppe a Salemi, in Sicilia, che ha ispirato i due giovani artisti partiti all’avventura da Firenze a Eindhoven in Olanda per tentare il salto nel buio e provare a sfondare nel mondo dell’arte. Il 19 marzo di ogni anno, infatti,  la cittadina del profondo nostrano celebra la festa del santo, con altari allestiti e pani caldi appena tirati fuori dal forno. Le forme sono delle più strane, il pane e il cibo offerto non è altro che un simbolo di gratitudine per ricordare la salvezza della pioggia da un lungo periodo di siccità.

La collezione Autharchy  rievoca quei momenti, è composta da vasi e scodelle di diverse dimensioni. Sono semplici, dalle linee morbide ed essenziali: il sottotesto è la povertà delle comunità rurali come Salemi e la purezza delle persone che ci abitano.

Il filo conduttore invece è la farina, nonché i materiali granulosi e genuini. La perfezione del disegno si unisce a particolari più grossolani come del resto tutto il lavoro del loro studio di FormaFantasma. I contadini, le donne, il lavoro sono i temi ricorrenti dei due designer, cervelli fuggiti giovani dall’Italia a 28 e a 30 anni, ma “ritornati” da fuori confine con la forza delle loro radici.

“Sembrava così liberatorio”, ha detto Trimarchi parlando dell’inizio in Olanda. Passato il trauma da rimprovero dovuto ai metodi bruschi dei docenti, adesso sono lanciatissimi nell’art-biz ed espongono al Textile Museum Audax nella città olandese di Tilburg e al punto di design Experimenta a Lisbona.

Fra i loro maestri di stile ci sono Achille Castiglioni ed Ettore Sottsass, ma il resto lo hanno fatto da soli. “Le scuole di design italiane sono grandi a sfornare strumenti di design perfetto, ma non chiedono mai di sviluppare la propria identità”, ha raccontato al New York Times Trimarchi. “Non so perché il sistema educativo italiano di design è diventato così conservatore e di vedute ristrette, ma lo ha fatto” ha aggiunto Farresin.

Per loro gli orizzonti si sono aperti però: dopo il trampolino fiorentino sono arrivati in Olanda e il prossimo salto è già programmato con destinazione “Index”, uno dei premi più importanti per il design a impatto zero che si terrà a settembre a Copenhagen.