Concordia e Titanic. “Le foto dell’agonia blu”, Zucconi su Repubblica

Pubblicato il 17 Gennaio 2012 - 12:16 OLTRE 6 MESI FA

La fuga dalla Costa Concordia

ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO) – Da un lato la nave guidata da Francesco Schettino Costa Concordia, naufragata venerdì scorso, dall’altro il Titanic e quel disastro del 1912. Vittorio Zucconi dalle colonne del quotidiano “La Repubblica” paragona le immagini che ci fanno vedere la Concordia come teatro di scene di vita vissuta.

“Ci si sente annegare, come se mancasse il respiro e l’istinto di sopravvivenza gridasse di risalire all’aria. Ci eravamo illusi che le lenti delle telecamere sottomarine si limitassero sempre a frugare fra i relitti per la storia o per le inchieste. Ma queste che trasmettono dal ventre d’acqua della balena bianca, della Concordia in secca sono in diretta dal terrore ancestrale di morire annegati che noi creature di terra portiamo nelle nostre cellule. Le telecamere riprendono una nave ancor viva che racchiude una morte possibile. Era curiosità, sia pure grande e non morbosa, quella che dopo il 1985, quando l´oceanografo ed esploratore Robert Ballard individuò finalmente il relitto del Titanic a sud di Terranova e più tardi i batiscafi della “Spedizione Titanic” cominciarono a inviarci le cartoline dall’abisso di 3.787 metri sul quale giaceva la nave. Nel silenzio di quel video, accompagnato soltanto dalla colonna sonora del brontolio dei motori del batiscafo, vedemmo affiorare lo spettro di un transatlantico, la grande prua ancora intatta, lo squarcio aperto dall’iceberg, i parapetti, le strutture. Ma quella era una bara di acciaio riesumata da una profondità che il piccolo faro del bastiscafo robot, senza uomini a bordo, illuminava con chiazze spettrali emerse da un passato evidentemente troppo lontano per sconvolgerci. Attorno al feretro spezzato da 59mila tonnellate, c’erano i segnali in fondo rassicuranti degli addobbi funebri, i molluschi, i coralli, le alghe già cresciute attorno allo scafo e ai rottami sparsi sul fondo sabbioso. Il Titanic era quello che ci si aspettava. Non si sarebbero neppure trovati corpi e resti umani, quasi 100 anni dopo”, scrive Zucconi.

Poi prosegue: “Dal Concordia l’indiscrezione coraggiosa dei sommozzatori ci manda invece immagini di vita appena vissuta, annegata poche ore fa, forse ancora boccheggiante dietro una paratia, una porta stagna. Quella della supernave da crociera non è una riesumazione, né un´indagine, ma la sequenza di un´agonia blu, come il colore del mare attorno al Giglio. Questa è una nave che muore, non un reperto storico. Le sdraio sono ancora lì pronte per accogliere i crocieristi. Il metallo della chiglia è ancora perfettamente bianco, luminoso nella vernice che il sale, l´acqua e la fauna non hanno ancora intaccato. Soltanto nella ferita mortale aperta dallo scoglio, dal roccione che ha ucciso la nave, si intravvede la brutalità delle lamiere. Nel filmato del Titanic sentivamo l´incubo del tempo, la voce di vite che non ci sarebbero comunque più state, oltre i pochi vecchissimi superstiti, di un mondo che non ci apparteneva più. Nelle prime foto prese dai sommozzatori ci siamo ancora tutti noi. In quelle sdraio non sarebbe annegata Lady Astor, rimproverando al valletto di “avere esagerato” nel portarle il ghiaccio che aveva ordinato per il suo whisky, ma bambini italiani, sposini coreani, coppe inglesi, turisti cinesi. La voglia di riaffiorare, di uscire a bocca spalancata per inghiottire aria è violenta, come quando da bambini si giocava a trattenere il fiato sott´acqua per vedere chi resisteva di più, magari uscendo squassati dalla tosse e dai conati per avere esagerato”.