Aumento del canone per gli stabilimenti balneari, la Regione Lazio rivaluta gli arenili

Pubblicato il 24 Maggio 2010 - 14:50| Aggiornato il 28 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Le spiagge italiane fonte di guadagno per le Regioni. Questo prevede la legge sul federalismo fiscale. Le entrate del demanio marittimo verranno riversate nei bilanci delle regioni e la Regione Lazio ha già messo in moto gli uffici per rivalutare gli arenili e stabilire canoni adeguati al valore economico degli stabilimenti balneari.

La situazione delle spiagge laziali è infatti fuori controllo e l’attuazione del federalismo permetterà alla Pisana di mettere un po’ d’ordine. L’assessore regionale al Turismo, Stefano Zappalà, conferma che “assegnando alle regioni il demanio marittimo ci attribuisce fonti economiche non indifferenti. Per questa ragione e anche in considerazione dell’ammonimento della Corte dei Conti, ho già costituito un gruppo di studio per fare luce sulla materia e suggerire tutti i provvedimenti del caso”.

In sintesi la situazione è questa: si lavora e si guadagna grazie a beni di proprietà pubblica. I fabbricati, di proprietà inalienabile dello Stato perché posti su territorio di frontiera, hanno un valore che viene conteggiato nei canoni demaniali. Allo stato attuale il concessionario paga all’Agenzia del Demanio un ”affitto” annuo di 1,14 euro per metro quadrato di spiaggia, 1,9 euro per metro quadro di cabine e 3,25 per metro quadro di ristoranti o depositi.

In questo modo uno stabilimento di duemila metri quadri di spiaggia, cento di casotti, duecento di ristorante e bar e cento di altre pertinenze paga poco meno di 3.500 euro l’anno. Meno di 300 euro al mese. Se, invece, si tratta di un chiosco su una spiaggia libera attrezzata il costo è appena di 340,76. Anzi, quel le somme si sono ridotte dopo l’ultimo decreto del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (3 dicembre 2009) che ha fissato uno ”sconto” per adeguamento Istat per la categoria del 3,4% e ridimensionato il canone minimo (quello dei chioschi) a 329,17 euro.

Ecco allora che la Corte dei Conti prende di mira la Regione Lazio anche per un altro motivo: non aver adottato la prescritta classificazione degli arenili in alta o bassa valenza turistica. Tutti gli arenili pagano la stessa quota o se sono super-confortevoli o se sono vecchi stabilimenti. La differenza in soldoni è di oltre il 50% di canone annuale. Nel 2009 nel Lazio sono state censite 2.053 concessioni. Sono stati riscossi 8.028.601 euro (contro una previsione di circa 9 milioni) ovvero una media di 3.911 euro per concessione. Ciascuno dei 362 km di costa vale 22.178 euro: al di sopra della media nazionale ma appena la metà di quanto fanno rendere le loro spiagge le regioni dell’Italia settentrionale.

E contro il Governo nazionale è arrivata sabato anche la stangata da Bruxelles. L’Unione Europea, infatti, ha contestato nuovamente il rinnovo automatico di sei anni in sei anni delle concessioni balneari proposto dall’Italia perché «è contrario alle regole del mercato unico europeo che impongono agli stati membri di rispettare le regole della concorrenza».
Divisi i gestori delle spiagge. “Siamo disposti ad aumenti ragionevoli del canone, anche del doppio, purché si tenga conto della nostra condizione di fruitori di un bene che resta di proprietà statale e che noi manuteniamo e miglioriamo» osserva il presidente regionale della federazione balneari Fiba, Ruggero Barbadoro. «Siamo per una tabellazione del canone equa –  conclude Fabrizio Fumagalli del sindacato balneari Sib – ma vorremmo anche che si riconosca il patrimonio costituito dall’impresa turistica per il nostro Paese». «No comment» è la risposta, invece, del presidente Assobalneari-Confindustria, Renato Papagni.