Quella di Apple con l’Iran non è discriminazione?

Pubblicato il 18 Luglio 2012 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La Apple è conosciuta in tutto il mondo per la sua linea innovativa, giovane, vivace, anche per le idee progressiste del suo ideatore Steve Jobs. Eppure sta portando avanti una politica di contrasto con l’Iran che in pochi si azzardano a definire discriminatoria ma che in realtà lo è. E che, anzi, a dire la verità ricorda tanto quelle restrizioni sugli acquisti, in base all’etnia, che venivano applicate dalle leggi raziali degli anni ’30-40 in Germania e Italia.

Immaginatevi di essere un uomo o una donna iraniani in vacanza negli Stati Uniti. Passate davanti a un grande Apple Store e rimanete affascinati da un pc, piuttosto che dall’iPhone o dall’iPad. Siete benestanti quindi, come il viaggio all’estero, vi potete permettere anche di acquistare un oggetto di alta tecnologia. Entrate nel negozio, chiedete al commesso e quello che vi dice? “No, mi dispiace, voi non potete comprare Apple perché siete iraniani e noi non siamo amici dell’Iran”.

Motivazioni? La bomba atomica, la dittatura… Nessuna bastevole a spiegare una discriminazione del genere. Perché la stessa cosa, ad esempio, è avvenuta a cittadini americani, “colpevoli” di avere origini iraniane. Una cosa da medioevo…

Che c’entra un povero cittadino iraniano che vuole solo comprare un oggetto Apple e che magari non è nemmeno d’accordo con la linea politica portata avanti da Teheran? E questo “No a te non vendo” di Apple non vi ricordano tanto quegli orribili cartelli appesi nelle vetrine dei negozi dell’Italia fascista e della Germania nazista che recitavano: “Vietato l’ingresso agli ebrei?”. Come si può interdire l’acquisto di qualsiasi bene a una persona solo per la propria origine ed etnia? Siamo nel 2012 o nell’800?