Di Maio vuol dare a Mattarella i nomi dei suoi ministri. Ma il presidente lo snobba

Pubblicato il 24 Febbraio 2018 - 13:16 OLTRE 6 MESI FA
Di Maio vuol dare a Mattarella i nomi dei suoi ministri. Ma il presidente lo snobba

Di Maio vuol dare a Mattarella i nomi dei suoi ministri. Ma il presidente lo snobba

Luigi Di Maio voleva sentire il parere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulle sue ipotesi di nomi per i principali ministri di un sognato Governo a 5 stelle. Mattarella non si è degnato di riceverlo e lo ha fatto intrattenere dal segretario generale del Quirinale. Si tratta pur sempre di un vice presidente della Camera. In quanto tale, anche se nella vita non è andato oltre il lavoro di steward allo Stadio San Paolo di Napoli, Di Maio merita il rispetto dovuto non alla persona ma alla istituzione. È l’essenza e il bello della democrazia. In America hanno per presidente un miliardario, nel bene e nel male paradigma di una storia americana di successo. Noi potremmo avere sulla poltrona di presidente del Consiglio un professionista della politica. Come nella Unione sovietica dei bei tempi, come nell’Italia proletaria e fascista del Ventennio.

Il viaggio sul Colle più alto di Roma non è andato come Di Maio e il suo mandante Casaleggio probabilmente speravano. La cronaca di Ilario Lombardo sulla Stampa di Torino è disarmante. Se il periodo astrale è nero per tutti, per Luigi Giggino Di Maio, aspirante primo ministro della Repubblica italiana, il periodo è all’insegna della sfortuna.

Giggino Luigi Di Maio, riferisce Ilario Lombardo, “voleva sondare il gradimento” del presidente Sergio Mattarella sui nomi pensati, probabilmente da Casaleggio o da chi ne orienta le scelte, per i tre ministeri di peso di ogni governo: Economia, Interno ed Esteri. Sono i ministri “che in ogni governo ne tracciano le linee fondamentali della politica”.

Con una mossa inutile e pleonastica, ma certo di un certo effetto psicologico sulla massa dei descamisados che il 4 marzo intendono votare il Movimento 5 stelle sempre meno di Beppe Grillo. Probabilmente si tratta della prima volta nella storia della Repubblica. La Costituzione e la prassi insegnano che la lista dei ministri viene sottoposta al Presidente dal Primo ministro incaricato dopo che ha espletato le sue consultazioni.

Invece Di Maio, con una mossa inusuale, inconsueta e a sorpresa, ha cercato di mettere sotto il naso di Mattarella i suoi nomi prima ancora di essere stato designato, anzi, di avere vinto le elezioni.

Di Maio è arrivato a dire che “la lista dei ministri era stata composta «come se Mattarella fosse presente nella stanza»”.

Dei nomi non si è saputo granché. Lombardo ne riporta alcuni: Paolo Magri, vice presidente e direttore dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ), segretario del Gruppo Italiano della Trilateral Commission e Membro dello Europe Policy Group del World Economic Forum. Magri si è già tirato fuori, confermando però che c’è stato un interessamento”. Altro nome è quello dell’economista Leonardo Becchetti.professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata. E quello di Pasquale Tridico, anche lui professore universitario, a Roma Tre, che “secondo Il Fatto era destinato al Welfare”.

Dopo l’esperienza fallimentare del Governo Monti e in generale dei tecnici al Governo, gli italiani farebbero bene a starsene alla larga dai professori.

Solo che Mattarella non ha incontrato Di Maio. A riceverlo, l’ex steward ha trovato il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, che, assicura Lombardo, ha “ottimi rapporti” con lui “sin da quando ricopriva lo stesso ruolo alla Camera”.

Si è trattato, nota Lombardo, “di un evidente passo falso: il Quirinale non può avallare alcuna candidatura prima delle lezioni ma solo considerare quelle che gli vengono sottoposte, dopo il voto, dal premier incaricato.