Scalfari, non criticare Barbara Spinelli (che ha ragione): “Gratuito e volgare”

di Sergio Carli
Pubblicato il 17 Dicembre 2013 - 08:19 OLTRE 6 MESI FA
A Scalfari vietato criticare Barbara Spinelli: "Gratuito e un po' volgare"

Barbara Spineli con Giorgio Napolitano prima del grande gelo.

Nuovi particolari sulla diatriba fra Eugenio Scalfari e Barbara Spinelli, che agita il salotto della sinistra.

Barbara Spinelli non da ieri critica Giorgio Napolitano e con ragione.

Però è anche folgorata da Beppe Grillo e qui ne ha molta meno: se una scoreggia illumina il dibattito politico e esprime la sinistra, meglio cambiare aria.

Eugenio Scalfari critica Barbara Spinelli e si spazientisce e ha ragione, non perché difende Napolitano, che è indifendibile, ma perché non se ne può più degli intellettuali da salotto che danno i brividi. Chi ha vissuto abbastanza ricorda i loro entusiasmi per Mao ai tempi della rivoluzione culturale, per il comunismo, ai tempi del (fortunatamente mancato) sorpasso, per la lotta armata (e i figli di qualcuno di loro si sono fatti assassini). Poi cinicamente hanno voltato le spalle alla rivoluzione ma hanno continuato a dibattere fino alla comparsa di Beppe Grillo, distillato di violenza e volgarità.

Gli intellettuali si risentono con Scalfari, distillato di genio giornalistico (oggi un po’ fuori moda), di indignazione e di garbo. Lo trattano come fosse un imitatore di Beppe Grillo, la tensione delle corde vocali nella tirata finale della grande omelia alla Bossuet viene scambiata per un vaffanculo, cosa che non appartiene invece al lessico di Scalfari.

Ma cosa devi pensare quando una come Barbara Spinelli arriva a scrivere (e nessuno arriva a tagliare), l’11 dicembre, roba così:

“[…] Reinfetazione è quando ti rifai feto: torni nella pancia, il cordone ombelicale ti tiene al guinzaglio. Finché non nasci, resti stabile tu e anche chi comanda: «Con annunci drammatici, decreti salvifici, complicate manovre, la classe dirigente si presenta come l’unica legittima titolare della gestione della crisi» (Censis). È il dispositivo, al tempo stesso disciplinatore e rasserenante, che il pacificatore Napolitano coltiva da anni. Nella reinfetazione, scrive De Rita nel suo 47° rapporto, tutti i soggetti politici, i rappresentanti, le forze sociali, vivono «in stato di sospensione nelle responsabilità del Presidente della Repubblica». Vogliose, ma incapaci di «tornare a respirare».

“Questo teorema avvizzisce d’un colpo: in realtà la reinfetazione «riduce la liberazione delle energie vitali. Implica il sottrarsi alle proprie responsabilità dei soggetti». Usa crisi e paure per salvaguardare il potere di poche, chiuse cerchie. Riduce e demonizza il conflitto, quando dovrebbe invece considerarlo sale della rinascita. Tradisce le speranze in Rodotà o Prodi. È probabile che gran parte degli elettori, votando Renzi e anche Civati (82%, insieme), più che un nuovo capopopolo abbia cercato precisamente questo: uscire dal ventre, chiudere l’era fetale, e fatale, cara a Napolitano. Riabilitare il conflitto, a cominciare da quello contro le larghe, strette, o larvate intese. Non sappiamo fino a che punto Renzi ne sia conscio. Se non lo è non gli basterà la veduta lunga consigliata da Fabrizio Barca. Entro un anno sarà sfinito. […]”.

Paolo Flores D’Arcais, piccolo genio editoriale che ha saputo fare di una rivista astrusa un successo, aggredisce Scalfari come un figlio illegittimo trattato da tale e scrive su Twitter:

Barbara #Spinelli critica #Napolitano e #Scalfari incapace di rispondere nel merito le rovescia addosso una vagonata di melassa paternalista.

La sua rivista, Micromega, ha raccolto e incollato on line i pezzi del dibattito, che Blitzquotidiano ha riferito nelle parti essenziali, come anche il Corriere della Sera.

Micromega però riporta alcuni passaggi di grande birignao che meritano citazione. Come questo pezzo del Fatto quotidiano, pubblicato lunedì 16 dicembre e intitolato

“La gogna per i giornalisti: Scalfari contro Spinelli”

dove è scritto:

“Chissà se oggi i giornali e i tg, l’Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa, ma anche il premier Letta e la presidente della Camera Boldrini, denunceranno la nuova “gogna per giornalisti” e solidarizzeranno con la vittima. L’interrogativo sorge spontaneo, visto che la gogna non l’ha allestita Grillo contro una penna ostile ai 5 Stelle, ma Eugenio Scalfari contro Barbara Spinelli, la più prestigiosa editorialista di Repubblica, cioè del suo stesso giornale.

“Diversamente dal blog Grillo, che pubblica stralci di articoli menzogneri e poi ne smonta il contenuto (talvolta insultandoli, come con la Oppo, talvolta no, come con Merlo e Battista), Scalfari fa di peggio.

“Insulta chi si permette di criticare Napolitano (“il fuoco dei cannoni da strapazzo… spara Grillo, spara Travaglio, spara perfino Barbara Spinelli”). Ma non cita mai quelle critiche per contestarle nel merito, forse nel timore che i lettori le condividano”.

Ora francamente appaiare “cannoni da strapazzo”, che ricorda quelle educate signore torinesi che chiamavano i piedi “estremità”, al vomito di violenze verbali di Beppe Grillo fa un po’ rabbrividire. Il Fatto però è lacerato da contrastanti lealtà:

“Il peccato mortale della Spinelli è di non aver partecipato alla demonizzazione di Grillo e soprattutto di aver raccontato a Marco Travaglio, per il libro “Viva il Re!”, uno scambio di lettere e un incontro con Napolitano. Ma questo i lettori di Repubblica non devono saperlo, dunque Scalfari non lo dice. Le scrive invece di aver “ascoltato i tuoi appunti su Napolitano affidati alla ‘recitazione’ di Travaglio”. Allusione all’ultima puntata di Servizio Pubblico, in cui Travaglio non ha mai recitato alcunchè: semplicemente Santoro ha affidato a un’attrice la lettura di alcuni brani dell’intervista alla Spinelli contenuta nel libro”.

“Invece di smentire, casomai ci riuscisse, l’allergia di Napolitano alle critiche della libera stampa descritta e documentata dalla Spinelli, Scalfari attacca personalmente la editorialista dandole dell’ignorante (“conosce poco o nulla la storia d’Italia”). Le ricorda che è “figlia di Altiero Spinelli” perchè questo è il suo “maggior bene”, manco fosse una ragazzina che deve presentarsi accompagnata dai genitori e chiedere il loro permesso per scrivere e per pensare.

“Infine la informa di aver “cancellato dalla mia memoria” quanto ha scritto su Grillo e detto su Napolitano. Per molto meno, c’è chi verrebbe accusato di fascismo, squadrismo, gogna, liste di proscrizione, macchina del fango, misoginia e sessismo. Se Barbara non fosse una signora, potrebbe ricordare a Scalfari – come fece Giorgio Bocca – che è figlio di un croupier del casinò di Sanremo, o – come fanno in pochi – che da giovane era caporedattore di Roma Fascista”.

Antonio Padellaro ha perso la brocca.

Anche Roberta De Monticelli va giù dura con Scalfari: “pessimo” definisce l’editoriale anti Spinelli, “gratuito e un po’ volgare”. Ma dai Giangi,

“che orribile cosa accusare una persona come Barbara Spinelli di ignoranza sulla storia italiana e dirle che tutto il suo merito consiste nell’essere figlia di Spinelli”.

Intanto stiamo andando a carte e quarantotto, per usare una espressione che tradotta in grillico sarebbe impubblicabile, anche perché i milioni che vivono alle nostre spalle sono tutti del genere sopra citato: parole,forma, birignao. Ma voi un giornale lo avete mai messo in piedi? Fare è una cosa, parlare è un’altra. E prima di parlare, gargarismi: senza Scalfari, per dirne una, Micromega non ci sarebbe mai stata