Berlino, aperto il “Café PositHiv”: luogo d’incontro per i malati di Hiv

Pubblicato il 30 Novembre 2011 - 21:06 OLTRE 6 MESI FA

BERLINO – Qui dentro te lo dicono alle prime battute, quasi presentandosi: ”Io sono positivo”. Oppure, ”io sono negativo”. Davanti al bancone, chiedendo una birra alla spina, il mondo si divide fra chi ha contratto l’Aids e chi no. ‘Cafe’ PositHiv’ e’ il locale in cui da 21 anni si incontrano persone malate di immunodeficienza acquisita a Berlino, per vivere un po’ come tutti gli altri. Per sentirsi meno soli.

C’e’ un pianoforte, il divano, tavolini e sedie di legno, le candele dell’avvento, il vischio di Natale. Dalla strada sembra un posto anonimo, le insegne non vogliono richiamare l’attenzione, anche se chiunque passi per la Buelow Strasse a Schoeneberg, e voglia entrare al numero 6, e’ benvenuto. Dentro, invece, e’ un caffe’ molto accogliente, arredato con grazia toccante. E avvolto da un’inevitabile malinconia. Perche’ il confine fra salute e malattia, fra la vita e la morte, e’ la ragion d’essere di questo posto. E chi ci viene lo sa.

Al centro della saletta, fra i pochi clienti del primo pomeriggio, la sedia a rotelle vuota di un uomo molto pallido e molto magro, che siede pero’ al tavolino. Gli serve qualcosa da bere Stefan, che lavora qui da due anni. ”Siamo una ventina, lavoriamo come volontari e il caffe’ e’ gestito da un’associazione, l’Aids Hilfe di Berlino – racconta il barista – Fu fondato da una persona malata di Aids, che voleva rendersi utile negli ultimi anni di vita”. ”Sono anch’io positivo”, dice subito dopo.

Chi era Uwe, il ragazzo della foto accanto alla vetrina del cheesecake. ”Lavorava con noi, e’ morto 4 settimane fa. Percio’ la candela e la foto”, risponde senza fare una piega. All’ingresso, una parete ricorda tutti i clienti che non ci sono piu’. ”Ne sono morti 7 o 8, da quando sono arrivato io”. Come e’ arrivato qui Stefan? ”Quando e’ morto il mio ragazzo. Di cancro pero’, lui era negativo. Ho sentito parlare di questo posto, e ci sono venuto. Mi e’ piaciuto e ho chiesto di poter restare. Mi hanno tenuto”.

Cafe’ PositHiv e’ aperto cinque giorni su sei, dalle 13 alle 23 il mercoledi’, quando viene offerto anche il pranzo. Dalle 15 gli altri giorni. Sara’ aperto a Natale, alla vigilia, e a San Silvestro. Perche’ chi viene qui ”in genere non ha famiglia, sono tutte persone sole”. ”Abbiamo una quindicina di clienti fissi – racconta ancora Stefan – Per lo piu’ positivi. Ma c’e’ anche qualche eccezione”, dice indicando un tavolo di donne, ”vengono qui ogni settimana”. Una regola vale per tutti: si paga pochissimo.

C’e’ una tv, anzi due. Il computer, un ventilatore e un proiettore. Dei fari da discoteca. Libri. Piatti di ogni tipo: ”Sono loro a decidere cosa mangiare, l’unica precauzione nel menu’ e’ che evitiamo il piccante”. Non solo. C’e’ un medico: viene ogni ultimo mercoledi’ del mese. ”Da’ consigli, scrive le ricette”. C’e’ un piccolo consultorio.

Ci sono decine di numeri di telefono, volantini, manifesti pubblicitari per orientare chi ha l’Aids sulla strada giusta. E poi un corso di arte, serate di musica e cabaret. Stasera, sono attese una settantina di persone: il corteo funebre in memoria delle vittime dell’Aids per la giornata mondiale dedicata alla malattia, si ferma qui. Reiner si siede al pianoforte.

”Facevo il ballerino”, dice prima di suonare ‘o’ sole mio’, e riempirlo di trilli fino a farne un pezzo suo. ”Sono negativo – aggiunge -. Ho ballato in tutti i teatri d’Opera di Berlino. Vengo qui perche’ mi piace. E’ un gran posto. Chi e’ positivo viene aiutato e indirizzato. Tutti dovrebbero sostenere questo Caffe’. Anche i negativi”.