Caso Ruby, Berardi e Guerra parte civile: “Non favorite come la Minetti”

Pubblicato il 20 Gennaio 2012 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Anche Barbara Guerra e Iris Berardi due delle 33 ragazze che hanno partecipato alle serate ad Arcore, hanno chiesto oggi a Milano al processo sul caso Ruby a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti di essere parte civile. Le due giovani hanno chiesto di costituirsi nei confronti solo di Nicole Minetti. Altre tre ragazze, le due ex ‘miss’ Ambra e Chiara e Imane Fadil sono parte civile.

Barbara Guerra e Iris Berardi, le due giovani ragazze che hanno preso parte alle serate ad Arcore e che oggi hanno chiesto di costituirsi come parti civili nei confronti di Nicole Minetti nel processo Ruby, sono state ”vittime e persone offese” dell’induzione e del favoreggiamento della prostituzione nei presunti festini. E’ cosi’ che il loro legale, l’avvocato Luigi Faggella, ha spiegato il senso della richiesta di costituzione come parti civili richiamandosi all’ordinanza del giudice di Milano.

ella scorsa udienza, infatti, il giudice della quinta sezione penale di Milano Anna Maria Gatto aveva disposto di notificare il decreto che ha disposto il processo a tutte le trentadue ragazze maggiorenni che avrebbero partecipato, assieme a Ruby, ai presunti festini hard ad Arcore, perche’, secondo una recente giurisprudenza, anche le persone che subiscono il reato di induzione e favoreggiamento della prostituzione sono da considerarsi ”vittime” e persone offese da reato.

Per questi motivi e basandosi sull’ordinanza, come ha spiegato l’avvocato Faggella, Iris Berardi e Barbara Guerra hanno deciso di chiedere di essere parte civile. Nella richiesta di costituzione le due giovani lamentano un ”danno morale”, mentre, come ha aggiunto l’avvocato, ”il danno all’immagine e’ nei fatti ed e’ dovuto al battage pubblicitario del processo”.

Le due chiedono di essere parti civili solo contro Nicole Minetti perche’, ha chiarito il legale, ”i fatti che le riguardano sono da ascriversi alla sola Minetti”. L’avvocato inoltre ha fatto riferimento ai principi espressi nell’ordinanza del giudice ovvero alla ”liberta’ di autodeterminazione nella sfera sessuale della donna e alla dignita’ della persona”.