Cassazione sull’articolo 18: la riforma Fornero non vale per i processi in corso

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Maggio 2013 - 16:58| Aggiornato il 18 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Non vale per i processi in corso la modifica all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori introdotta dalla riforma Fornero (legge n.92 del 2012). Secondo la sentenza n. 10.550 della Cassazione ”non incide sul solo apparato sanzionatorio, ma impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti, incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso”.

La sentenza riguarda un ricorso della Telecom, condannata in appello – con sentenza confermata dalla Suprema Corte – a reintegrare un lavoratore licenziato per l’invio di 13 mila sms dal proprio telefono aziendale. In assenza di una disciplina transitoria l’azienda chiedeva l’applicazione del nuovo regime sanzionatorio, che, in alternativa, prevede il reintegro o l’indennizzo da un minimo di 12 mensilità.

La Sezione Lavoro della Suprema Corte ha invece sottolineato che ”con la legge è stata introdotta una nuova, complessa e articolata disciplina dei licenziamenti” in base alla quale le sanzioni irrogabili nel caso di licenziamento illegittimo (che vanno dal reintegro all’indennizzo di un minino di 12 mensilità) non sono compatibili con il giudizio di legittimità deputato alla Cassazione, ma anche il rinvio al giudice di merito ”risulterebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo e con l’articolo 111 della Costituzione e con la Convenzione Europea sui diritti dell’uomo”.

La Cassazione evidenzia che il nuovo sistema prevede ”distinti regimi di tutela a seconda che si accerti la natura discriminatoria del licenziamento, l’inesistenza della condotta addebitato o la sua riconducibilità tra quelle punibili solo con una sanzione conservativa. Si tratta – spiega la Corte – di ”un evidente ‘stravolgimento’ del sistema dell’allegazione e delle prove nel processo”, non limitato ad una modifica della sanzione irrogabile: ”Un sistema – conclude la Cassazione – che non incide sul solo apparato sanzionatorio, ma impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti, incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso”.