Igor il russo sparito da oltre 3 mesi, rabbia familiari vittime: “Valerio Verri non doveva essere lì”

di redazione Blitz
Pubblicato il 9 Luglio 2017 - 18:34| Aggiornato il 10 Luglio 2017 OLTRE 6 MESI FA
Igor il russo sparito da oltre 3 mesi, rabbia familiari vittime: "Verri non doveva essere lì"

Igor il russo sparito da oltre 3 mesi, rabbia familiari vittime: “Verri non doveva essere lì”

BOLOGNA – Sono passati oltre tre mesi dagli omicidi di Davide Fabbri (1 aprile) a Budrio (Bologna) e Valerio Verri (8 aprile) a Portomaggiore (Ferrara), ma del killer Norbert Feher, serbo 36enne, inizialmente chiamato col nome di Igor il russo, nessuna traccia. Via via che il tempo è trascorso da inizio aprile la sua figura è diventata sempre più simile a quella di un fantasma. E così anche il grande dispositivo messo inizialmente in campo per trovarlo è andato scemando.

Resta la rabbia dei familiari delle vittime di Feher. L’avvocato Fabio Anselmo, che assiste i figli di Valerio Verri, guardia ecologica volontaria, ha fatto un esposto chiedendo di individuare eventuali responsabilità di chi consentì che Verri potesse essere di pattuglia insieme all’agente provinciale Marco Ravaglia, rimasto gravemente ferito, in una zona poi interdetta: “Se è stata interdetta dopo la morte per motivi di sicurezza, perché non lo hanno fatto prima? Verri era un volontario, era disarmato, e non doveva essere lì”.

Per giorni e giorni è stata setacciata la bassa tra Bologna e Ferrara, in cui si pensava che Igor-Norbert si nascondesse. La cosiddetta zona rossa, tra Molinella e Marmorta, fatta di boschi, acquitrini e canali, ha visto il dispiegarsi di un migliaio di militari, come ha ricordato anche il Gip di Bologna Letizio Magliaro nella sua ordinanza di custodia cautelare, parlando di sfida alle forze dell’ordine di Feher.

Un migliaio di Carabinieri che ha compreso anche reparti scelti come i Cacciatori di Calabria, del Tuscania e dei Gis. Ma il risultato non è arrivato. Prove scientifiche hanno accertato la presenza di Norbert-Igor almeno fino a metà maggio nella zona delle ricerche. Il punto fermo per gli investigatori, coordinati a Bologna dal pm Marco Forte, è arrivato dal Ris di Parma che ha isolato il Dna del killer su reperti fiutati dai cani molecolari nell’area tra le oasi di Molinella e Campotto dove si ritiene che Feher avesse vari rifugi.

Si tratta di oggetti e tracce prese da bivacchi, su cui è stato possibile estrarre il profilo genetico, coincidente con quello del sangue trovato fuori dal bar di Budrio dove l’1 aprile è stato ucciso Fabbri e sul furgone abbandonato a bordo strada a Molinella la sera dell’8 aprile, dopo il secondo omicidio. Riscontri tecnici che collocano dunque il killer nella zona rossa fino a metà maggio. Ma da allora più niente. Così le ricerche sul campo sono state sospese. Le squadre speciali ridotte al minimo, pronte però a intervenire nel caso ci fossero sviluppi e fosse circoscritta una nuova zona sospetta.

Il killer a questo punto pare ormai lontano. Ed è per questo che gli inquirenti hanno smesso di parlare di un fuggitivo, parlando invece di un latitante. Una definizione che ha costretto a cambiare metodo e rimodulare le forze in campo e a passare a quelle che si definiscono indagini classiche. Il contingente di militari specializzati nelle ricerche, appunto è stato ridotto al minimo, e le indagini sono proseguite su altri fronti, scandagliando ad esempio i possibili contatti del serbo e sottoponendo di nuovo ad analisi tutti gli elementi raccolti.

Resta la rabbia dei familiari delle vittime di Feher. Come per Verri, anche la moglie del barista Davide Fabbri, tramite l’Ascom, l’associazione commercianti, vuole capire come mai Igor-Feher, seppure espulso dal territorio nazionale nel 2015, perché condannato per rapine con l’alias di Igor Vaclavic, russo, fosse ancora in Italia, libero di uccidere.