Martina Levato, l’alibi crollato con i tabulati e con l’aiuto del padre di Pietro

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Gennaio 2015 - 12:46 OLTRE 6 MESI FA
Martina Levato e il ragazzo, Alexander

Martina Levato e il ragazzo, Alexander

ROMA – C’è una “storia segreta” – come la definisce Gianni Santucci del Corriere della Sera – dietro le indagini che hanno portato all’arresto di Martina Levato, la ragazza accusata di aver sfigurato con l’acido Pietro Barbini. Ad incastrare Martina Levato due elementi: i tabulati telefonici che hanno smascherato l’alibi di Martina Levato e il lavoro instancabile del padre di Pietro che ha affiancato per tutta la notte il lavoro degli investigatori. Questa è la “storia segreta” che ha portato all’arresto di Martina Levato. Un’inchiesta che oggi prosegue con l’analisi dei computer e dei telefoni della ragazza. È stato il padre di Pietro,  Gherardo Barbini  a ricordarsi di Martina e ad aiutare gli agenti nelle prime fasi di indagine.

I motivi dell’agguato, come ripetono gli inquirenti, vanno cercati nel rapporto morboso tra Martina Levato e il ragazzo,  Alexander Boettcher, 30 anni, quello che in casa aveva un bisturi e una bottiglia di cloroformio per incidere le sue iniziali sul corpo delle compagne.

Nei telefoni – scrive Gianni Santucci del Corriere della Sera – gli investigatori trovano i morbosi messaggi che si scambiavano i due amanti, e che la ragazza girava a Pietro. Lui, per proteggerla, rispondeva solo: «Lascia quel fuori di testa». Ora ci sarà un altro passaggio: l’analisi forense sui cellulari e i computer di Martina e Alexander. Perché le telefonate che hanno attirato Pietro nella trappola (un uomo insisteva per consegnare un pacco), sono partite da un misterioso numero con prefisso «0011». Potrebbe trattarsi di un collegamento «Voip», servizio di telefonia che passa attraverso Internet. È un elemento che potrebbe pesare molto nel definire il quadro di premeditazione per il resto già chiaro: il ricorso a un sistema telefonico che fosse difficile da mettere in relazione con gli smartphone dei due aggressori.