Maurizio Gasparri: “Me stavo a grattà”. Polizza vita: 600mila euro per i parenti

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Dicembre 2013 - 12:00 OLTRE 6 MESI FA
Maurizio Gasparri: "Me stavo a grattà". Polizza vita: 600mila euro per i parenti

Maurizio Gasparri

ROMA – “Aò, me stavo a grattà!”: la butta sullo scaramantico Maurizio Gasparri, accusato di peculato per quella polizza vita da 600 mila euro pagata con i soldi del Pdl e destinata ai suoi eredi in caso di morte. La boutade ad ogni costo: l’ex capogruppo Pdl al Senato fa gli scongiuri, sulla sua morte e sul rischio-processo, ma non resiste alla tentazione di buttarla sullo scherzo. A restituirne un ritratto romanesco e romanzato è Goffredo Buccini sul Corriere della Sera. Ma basta affacciarsi su Wikipedia per trovare pagine e pagine di citazioni gasparriane. E’ fatto così, scrive Buccini:

Dategli un argomento qualsiasi, e lui non reggerà alla tentazione della boutade scorretta, del lazzo romanesco, del- l’esternazione pensosa (penosa, secondo i detrattori): spesso sopra le righe («Il fascismo non è la parentesi oscura della storia, come disse Croce, sbagliando»), a volte infelice («Obama presidente? Al Qaeda forse sarà contenta»), persino a costo di farsi del male. Come adesso, che il telefonino gli squilla in continuazione per questa faccenda dei soldi del partito, seicentomila euro finiti in una polizza sulla vita (la sua) di cui in caso di morte avrebbero beneficiato gli eredi (i suoi).

Ma non è un fatto di scaramanzia, osserva Buccini. L’accusa è di peculato. Per i pm di Roma Gasparri, nel marzo dell’anno scorso si sarebbe appropriato di 600 mila euro dei fondi destinati al gruppo e li avrebbe utilizzati per l’acquisto di una polizza a vita a suo nome. Una operazione illecita che potrebbe portarlo a processo. I magistrati capitolini hanno, infatti, chiuso l’inchiesta, atto che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio. ”Non mi sono appropriato di nulla”, giura lui.

“Ho chiesto alla banca del Senato, la Bnl, di investire i soldi del Pdl in modo che fossero protetti e immediatamente esigibili”. E la polizza? “Ci sarà stata una polizza a garanzia di quest’investimento, avranno trovato la formula più produttiva… E vabbe’, io non mi so’ preoccupato di che succedeva se morivo! Ma, appunto, facciamo gli scongiuri”.

 

A riassumere la vicenda e i relativi capi di imputazione è poi Fiorenza Sarzanini, sulla stessa pagina.

 il denaro proveniva dai rimborsi elettorali, dunque era destinato a fini politici. Certamente non poteva essere speso per scopi personali, come invece è accaduto. Prova ne sia che il parlamentare è stato costretto a restituirlo appena un anno dopo, cioè quando i vertici del partito si sono accorti dell’«ammanco» e ne hanno chiesto il rimborso. E nulla si sa di altri tre milioni di euro perché la contabile del Pdl ha già spiegato che «non essendoci obbligo di legge per la rendicontazione, non sono stati conservati i giustificativi».

Secondo l’accusa Gasparri avrebbe il primo febbraio di quest’anno proceduto “al riscatto anticipato della polizza”, liquidata “in 610.697,28 euro”. Successivamente la somma di 600 mila euro, scrivono i pm nel capo di imputazione, fu restituita da Gasparri “a seguito di specifiche richieste della Direzione amministrativa del gruppo Pdl”.La restituzione avvenne in due tranche con due distinti bonifici da 300 mila euro fatti il 20 febbraio e il 12 marzo scorsi.

L’inchiesta madre dal quale è scaturito questo filone riguardava la gestione dei fondi del gruppo Pdl al senato negli ultimi due anni. Il procedimento era stato avviato dopo alcune segnalazioni di operazioni sospette inviate dalla Bnl, la banca presso la quale era acceso il conto intestato a Gasparri nella qualità di presidente del gruppo, quindi un pubblico ufficiale. Per questo troncone la Procura ha chiesto l’archiviazione per lo stesso Gasparri e per Gaetano Quagliariello, quest’ultimo in veste di vicepresidente del gruppo. Gli inquirenti si sono imbattuti in una situazione di confusione nella gestione di questi fondi, pur non individuando alcun elemento illecito di appropriazione.

Gli accertamenti hanno infatti riguardato l’uso di circa 2 milioni e 800 mila euro, ovvero “l’ammontare del contante prelevato” dal personale amministrativo per l’attività del gruppo parlamentare Pdl al Senato. Per i pm Francesco Caporale, Nello Rossi, Giorno Orano e Alberto Pioletti non sono emersi “sotto il profilo – è detto nella richiesta di archiviazione – dell’utilizzazione sistematica del contante e dell’assenza di rendicontazione, dati penalmente rilevanti, non essendovi prova alcuna di impieghi privatistici delle somme movimentate”.

Conclude Sarzanini:

I conti sono presto fatti: tra gennaio 2010 e marzo 2012 il Pdl al Senato ha ottenuto rimborsi per oltre 23 milioni di euro, ne ha spesi poco più di 12 milioni per gli stipendi, sei milioni sono stati bonificati mentre gli assegni hanno superato di poco il milione e 400 mila euro e i prelevamenti per contante sono stati di circa un milione e 300 mila euro. In totale fa 21 milioni e 100 mila euro di cui si sa poco o nulla.