Masi a Lavitola: “Non è lucido, certe cose sono reati”

Pubblicato il 25 Ottobre 2011 - 12:31 OLTRE 6 MESI FA

Mauro Masi (Foto Lapresse)

ROMA – “Non è lucido”, “chiede cose che non si possono fare”, “sono reati”. Lo sfogo telefonico è tra Mauro Masi, allora direttore generale Rai, e Valter Lavitola. E’ il 21 ottobre del 2009, l’intercettazione è pubblicata da Repubblica. Solo il giorno prima Berlusconi si era sfogato al telefono con Lavitola con frasi tipo “facciamo la rivoluzione”, “facciamo fuori il Tribunale di Milano”.

Masi “Walter, Mauro”. Lavitola “Un momento solo (dice a un altro interlocutore al telefono, ndr.), sto parlando col mio capo, ti richiamo Enzo”. M. “Adesso vediamo quello che posso fare…”. L. “Non dire quello che puoi fare, tu puoi fare tutto”. M. “E vabbè…”. L. “Allora vuoi sapere una cosa, il tuo amico F. F. l’altro giorno mi ha detto testuali parole: “Io se acchiappo il tuo amico Masi gli meno… perché se n’è andato e ci ha lasciato nella merda, finché ci stava lui, per quanto poteva avere un carattere del cazzo, per quanto qua, per quanto là, qua funzionava tutto, adesso non funziona più un cazzo…”. M. “Lo so, perché il nostro amico, mio e tuo, è completamente… sto periodo è…”. L. “Mauro, io difatti ti dico la verità, io è da settimane che ti vorrei parlare, io ho parlato con lui cinquanta volte di queste cose, te ne vorrei parlare… insomma non ci riesco”. M. “Ma io c’ho parlato, ci parlo tutti i giorni, non sta lucido, non sta lucido”. L. “Me lo dici a me, ieri mi ha detto che lui voleva assaltare il palazzo di giustizia… testuali parole.. al telefono eh!”. M. “E pure a me, sono reati, infatti io abbasso il telefono, non le voglio nemmeno sentì queste cose…”. L. “Ho capito, però voglio dirti, secondo me non faremmo male a vederci ogni tanto”. M. “Sì, ma tu sei tornato da tre giorni eh, ora dammi pure la colpa del fatto che sei stato quindici giorni in Brasile, ma sarai curioso”.

L. “E vabbè, ma saranno due mesi che non ci vediamo o forse pure tre.. che ne so… mo’, al di là di questo, io scherzo adesso, tu fatti il consiglio, però ti voglio dire delle cose di lui pure rispetto alla Rai, ti vorrei informare perché quello magari mi dice delle cose pensando che io poi te le dico”. M. “Ma io lo so che vuole, però insomma sai… cioè ci sono delle cose che si possono fa’, altre non si possono fa, Walter”. L. “Di fatti è proprio questo il problema”. M. “Non lo capisce, si incazza, ma in qualche modo io devo pure vivere”. L. “Io non lo so chi te lo fa fare a stare là… io non lo riesco a capire”. M. “Beh a questo punto…”. L. “A sto punto, secondo me, tu qualunque cazzo gli chiedi quello te lo fa, adesso si fa sto rimpasto di governo alle Regionali, ci lavoriamo, lasci quel merdaio dove ti sei ficcato e vai a fare il ministro”. M. “Ma tu dici che me lo fa fare?”. L. “Ma come non te lo fa fare, anzi secondo me visto che Tremonti salta, se facciamo una bella operazione, te lo fa fare sì. Se tu eri rimasto a Palazzo Chigi, oggi Tremonti non c’era più è per questo che sono un po’ incazzato”. M. “Per questo?”. L. “Sono incazzato per questo, sono incazzato pure con te perché se tu eri rimasto a palazzo Chigi a quest’ora non c’era più il problema di Tremonti col governo, c’era uno che sapeva leggere e scrivere e fare il ministro dell’Economia con un rapporto privilegiato col presidente, con una conoscenza della realtà italiana anche dal punto di vista dall’esterno del salotto dorato, si rafforzava il governo e si dava una mano al Paese, tu sei andato a giocare alla Rai a fare l’impiegato e buonanotte… e vabbé io sono avvelenato, guarda, mi devi credere…”.