‘Ndrangheta, colpite le cosche più potenti

Pubblicato il 13 Luglio 2010 - 10:09 OLTRE 6 MESI FA

La maxi-operazione di carabinieri e polizia scattata stanotte e denominata ‘Il crimine’ ha colpito le più importanti e potenti famiglie della ‘ndrangheta delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, oltre alle loro proiezioni extraregionali ed estere.

Sono state ”destrutturate”, dicono gli inquirenti, le cosche egemoni nel capoluogo reggino, nella fascia ionica ed in quella tirrenica, tra cui i Pelle di San Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo.

Le indagini che hanno portato alla maxi-operazione della scorsa notte hanno ”documentato tecnicamente – sottolineano gli investigatori – come le cosche della provincia di Reggio Calabria costituiscano il centro propulsore delle iniziative dell’intera organizzazione mafiosa, nonché il punto di riferimento di tutte le proiezioni extraregionali, nazionali ed estere”.

La ‘ndrangheta, infatti, ”dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ’90, ha ormai raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori del narcotraffico internazionale e dell’infiltrazione negli appalti pubblici”. Il ‘centro di coordinamento’ di tutte queste iniziative è appunto costituito dalle cosche di Reggio.

Secondo gli investigatori, la maxi operazione di oggi contro la ‘ndrangheta costituisce un risultato ”storico, frutto di un’efficace opera di coordinamento delle autorità giudiziarie milanese e reggina, che hanno permesso di ricondurre ad un quadro unitario le diverse e qualificate attività investigative condotte dall’Arma e dalla Polizia di Stato, colpendo i centri nevralgici della ‘ndrangheta”.

Le indagini, poi, hanno consentito di accertare modalità e movente di un ”grave fatto di sangue consumato nell’hinterland milanese, che aveva notevolmente allarmato l’opinione pubblica”, hanno dichiarato gli investigatori, senza però specificare di quale episodio si tratti.