Cosa nostra, presi i postini del boss Raccuglia. Lanciavano i pizzini da un ponte di Palermo

Pubblicato il 18 Maggio 2010 - 11:06 OLTRE 6 MESI FA

Il numero due di Cosa nostra Domenico Raccuglia

Una rete di insospettabili messaggeri che il numero due di Cosa  nostra, Domenico Raccuglia, utilizzava per inviare i suoi ordini è stata scoperta dalla polizia di Palermo. Gli agenti della squadra mobile hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere verso presunti favoreggiatori del boss arrestato il 15 novembre scorso. Gli indagati, che devono rispondere di associazione mafiosa, sono accusati di avere fornito supporto logistico e aiuto al capomafia quando era latitante e di avergli trasmesso i cosiddetti pizzini, ribattezzati “pillole”.

I sette, al servizio del numero due di Cosa nostra e uomo più influente dell’organizzazione mafiosa nel palermitano Domenico Raccuglia, erano degli insospettabili: irreprensibili lavoratori per tutta la settimana, postini di mafia solo nel week-end. Una squadra di messaggeri perfetta per il boss catturato dalla polizia il 15 novembre 2009, dopo 13 anni di latitanza.
Il metodo era innovativo: per le consegne più delicate, i messaggi venivano addirittura lanciati da un ponte, oppure lasciati tranquillamente davanti a un cancello, su una strada statale.

In manette sono finiti Mario Salvatore Tafuri, 46 anni, titolare della “Tafuri Costruzioni” e gestore dell’impianto di calcestruzzi “Co. edil. cem” di Altofonte (Palermo); Giuseppe Campanella, 55 anni, impiegato del Comune di Salaparuta (Trapani), in servizio all’autoparco; Giacomo Bentivegna, 60 anni, impiegato della calcestruzzi “Co. edil. cem”; Girolamo Liotta, 40 anni, imprenditore edile di Camporeale (Palermo); Marco Lipari, 32 anni, imprenditore agricolo di Camporeale e impiegato del 118; Nino Sciortino, 37 anni, agricoltore di Camporeale. Il provvedimento in carcere riguarda invece Benedetto Calamusa, 44 anni, allevatore, che il giorno dell’arresto di Raccuglia finì in galera assieme alla moglie.