Scuola: insegnanti per merito o per graduatoria? Il Tar del Lazio ammette 400 bocciati

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Gennaio 2013 - 18:17| Aggiornato il 17 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La notizia di oggi è che il Tar del Lazio ha ammesso alla prova scritta del “concorsone” scuola altri 400 aspiranti a cattedra che avevano fatto ricorso dopo essere stati bocciati dalle preselezioni di dicembre. Merito bocciato e precariato promosso: secondo Gian Antonio Stella è questa la storia della scuola italiana, addirittura da prima dell’Unità d’Italia (1859) ai giorni nostri.

La notizia dell’altro ieri è che il governo Monti, con un decreto approvato all’unanimità dal Senato, ha praticamente reso inutili quel concorso. Istituendo i “Tfa speciali“, il governo fa rientrare dalla finestra i precari della scuola che erano stati lasciati fuori dalla porta, con “percorsi abilitanti destinati a personale non abilitato con rilevanti titoli di servizio”. Tradotto dal gergo ministeriale, significa che tutti quelli che da anni sono in fila per una cattedra potranno arrivare lo stesso, dopo un “percorso abilitante”, al posto tanto agognato, senza passare da un concorso.

Guerra dei poveri fra precari e promossi, sullo sfondo di un caos normativo che porterà i 20 mila ammessi al Tirocinio formativo attivo e gli undicimila vincitori del “concorsone” scuola ad intasare lo stesso collo di bottiglia. E se fra carte bollate, ricorsi e “bonus” ministeriali le maglie della selezione si allargano, questo non basta a placare i sindacati e i candidati bocciati.

Stella sceneggia la guerra in corso:

“Nella piazza del web i due schieramenti si sfidano a muso duro. Di qua quelli come Domenico Prellino, Elena Petenzi, Francesca D’Appollonio o Sara De Lorenzis che, usciti vincitori, ricordano che a quanti vantano lunghe anzianità era già stato dato «un enorme bonus in accesso, “previo” superamento delle prove» e che sono stufi più di una realtà dove «c’è chi rispetta le regole, studia, si fa selezionare, continua ad aggiornarsi e chi invece aspetta i condoni, accumula punti con corsi farsa, scalda la cattedra avendo l’assoluta certezza della totale impunità». Di là quelli come Oriana Pappalardo che rivendica d’essere «brava, molto brava» e d’aver cominciato a far supplenze a 18 anni: «Ho lavorato per moltissime scuole private di Catania, gestendo classi impossibili, con le quali ho rotto anzitempo il rapporto di lavoro perché, tranne una volta, non sono stata mai pagata».

E allora, incita, «finiamola con questa “guerra tra poveri”, siamo tutti laureati, tutti istruiti, eppure non comprendiamo il banalissimo concetto di “l’unione fa la forza”?» Al che Giulia, rilanciata da un mucchio di blog, risponde che a lei e ad altri non basta l’autocertificazione «sono brava, molto brava», che «una selezione carente è sempre meglio di nessuna selezione» e che molti precari storici possono essere eccellenti ma «il valore intrinseco dell’esperienza acquisita», quando non è stato mai sondato né certificato, «in linea di principio non può essere dato per scontato». Del resto, «chi mai ha visto licenziare un docente palesemente incompetente?». E più ti inoltri in questo alluvionale tormentone di lettere e risposte, accuse e contro accuse, ansie e rabbie, lacrime e invettive, più ti senti sperduto in un’intricatissima foresta in cui ancora una volta è stata smarrita la strada che porta a quel «merito, merito, merito» di cui tutti si riempiono la bocca”.

Una situazione senza via d’uscita che non sia un esito scontato, il solito:

“… la sanatoria. Quella peste bubbonica che (al di là dei destini, delle angosce, delle sofferenze dei precari che solo chi ha il cuore di pietra può non capire) da oltre un secolo e mezzo è uno dei guai della scuola. Basti dire che la prima di queste sanatorie («In eccezione alla regola del concorso il Re potrà chiamare a professori nei licei gli uomini che per opere scritte, o per buone prove nell’insegnamento, saran venuti in concetto di grande perizia…») fu varata addirittura nel 1859″.