Terremoto Abruzzo, indagata la Protezione civile: “A L’Aquila ci fu mancato allarme”

di Alessandro Avico
Pubblicato il 3 Giugno 2010 - 13:04| Aggiornato il 17 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

La Procura della Repubblica dell’Aquila ha concluso le indagini sul terremoto dell’11 aprile e ha formulato l’accusa: omicidio colposo. Tra gli indagati ci sono i membri della Commissione Grandi Rischi, uomini della Protezione civile, sismologi, tecnici, che il 31 marzo scorso, 6 giorni prima del terremoto che sconvolse L’Aquila, parteciparono alla riunione che si tenne nel capoluogo abruzzese. Il motivo dell’accusa è da ricercarsi nel fatto che, anche dopo mesi di scosse sismiche, da quella riunione non uscì un ordine di evacuare la zona.

“I responsabili – afferma il procuratore Alfredo Rossini – sono persone molto qualificate che avrebbero dovuto dare risposte diverse ai cittadini. Non si tratta di un mancato allarme, l’allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case”.

Rapporti scientifici, indagini dettagliate, interrogatori e perizie fornirebbero un quadro probatorio sufficiente a constatare la “grave negligenza” delle autorità preposte. Si doveva procedere, se non proprio all’evacuazione, perlomeno alla dichiarazione di “stato d’allerta”.

In particolare viene presa in esame una riunione straordinaria tenuta dalla commissione grandi rischi della Protezione Civile il 31 marzo 2009 che si concluse senza prendere decisioni rispetto a quella che i magistrati definiscono “‘emergenza terremoto in atto già prima della tragedia”. Alla riunione parteciparono il vice capo della Protezione Civile Bernardo De Berardinis, il presidente vicario della “Commissione Grandi Rischi” della Protezione Civile Franco Barberi, il presidente dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi, il direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile Mauro Dolce, il direttore del Centro Nazionale Terremoti Giulio Selvaggi e altri tre funzionari della Protezione Civile dell’ufficio gestioni emergenza e servizio comunicazione.

In una situazione analoga del 1985, anzi a posteriori molto meno drammatica, dopo una serie continuata di scosse in Garfagnana, fu decisa l’evacuazione della popolazione interessata dal rischio-terremoto. I magistrati, oltre alla consulenza di Abruzzo Ingenering ignorata dalla Protezione Civile, hanno acquisito agli atti il libro “L’Aquila 2009. La mia verità sul terremoto”. L’autore è Giampaolo Giuliani, il ricercatore che dal 2000 studia i terremoti partendo dall’assunto scientifico che in prossimità di forti sisma si registrano enormi incrementi di radon. Giuliani otto giorni prima del terremoto venne indagato per procurato allarme e diffidato altrimenti sarebbe stato arrestato.

Cialente scisse a Bertolaso. Le scosse che precedettero per mesi il sisma del 6 aprile 2009 “oltre a procurare una più che comprensibile preoccupazione nei cittadini dell’Aquila, ha generato un comprensibile allarme nelle pubbliche amministrazioni… per la stabilità delle scuole e delle sedi istituzionali”. E’ quanto si legge nella lettera che il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente inviò il 2 aprile al capo della Protezione Civile Guido Bertolaso.

Nella missiva Cialente spiega che le verifiche di quei giorni portarono a “un quadro piuttosto allarmante”, mentre “in numerose abitazioni private sono stati riscontrati dei problemi di staticità”. Cialente a quel punto chiede a Bertolaso le necessarie risorse “per il rigore estremo con cui sono costretti gli enti locali per il controllo della spesa” e la possibilità “in tempi ragionevoli, a fondi statali riferiti alla Protezione Civile”, con soluzioni “come quella recentemente operata a beneficio della ricostruzione nelle aree colpite dai sismi degli anni 80”.