Uranio impoverito: sfida del pm Guariniello in Commissione

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Aprile 2016 - 09:24 OLTRE 6 MESI FA
Uranio impoverito: sfida del pm Guariniello in Commissione

Uranio impoverito: sfida del pm Guariniello in Commissione

ROMA – Uranio impoverito: è questa la sfida del magistrato Raffaele Guariniello, per anni procuratore protagonista di grandi processi sulla sicurezza sul lavoro. E’ l’esperto scelto dalla Commissione parlamentare sull’uranio impoverito che si è insediata l’1 febbraio scorso. Obiettivo: far luce sulla morte di 330 persone, soldati che si sono ammalati nelle missioni militari nei Balcani fino in Afghanistan. Ne parla Ottavia Giustetti su Repubblica:

 «È un tema che mi appassiona, al quale mi sto dedicando con grande interesse già da alcune settimane — racconta l’ex pretore d’assalto e procuratore dei grandi processi per la sicurezza sul lavoro — sarà una sfida molto difficile, ma c’è grande convinzione ed entusiasmo nella commissione». Guariniello svela finalmente l’arcano. Squarcia il velo sull’enigma che circolava negli ambienti giudiziari da quando aveva cominciato a svuotare il suo ufficio al quinto piano del Palazzo di Giustizia. Un pezzo alla volta, dopo l’estate del 2015. Cosa farà il vulcanico magistrato una volta fuori da qui dopo 40 anni di carriera? Si scommetteva su quale potesse essere il suo futuro. Chi entrava nella sua stanza ed era in confidenza tentava di strappargli una parola, un indizio. A tutti rispondeva enigmaticamente. «Non starò a casa, questo è sicuro, ma non c’è alcun incarico ufficiale, per me, al momento». Qualche mese dopo ha stupito tutti quando ha deciso di tornare a indossare la toga ma come avvocato. E si è reiscritto all’albo con il vincolo però di esercitare almeno due anni fuori dal distretto in cui aveva fatto il magistrato. E da allora di richieste ne ha già avute numerose, a quanto dicono. Anche se il suo “pallino” resta quello di lavorare per la prevenzione. E l’incarico nella commissione parlamentare è come un abito che gli calza a pennello. «È impegnativo perché faccio avanti e indietro da Roma tutte le settimane — racconta — e poi continuo a fare formazione con seminari in giro per l’Italia, il nostro obiettivo sull’uranio è ottenere le prime modifiche legislative già dopo i primi mesi di lavoro». Nel suo nuovo ufficio torinese, intanto, continuano ad arrivare decine di lettere di cittadini che si rivolgono a lui per segnalare i casi più diversi, toccando l’intera gamma di temi a lui cari negli anni da pretore poi da procuratore. Dalla Thyssen al doping, i colleghi hanno stimato che abbia aperto 30 mila fascicoli. Ma la sicurezza dei lavoratori e dei consumatori resta il suo cruccio. Così quella che è stata definita la «strage dimenticata» dell’uranio impoverito: 330 morti e 3.765 malati. O «feriti», visto che si tratta dei ragazzi che sono partiti con le nostre missioni militari più recenti, dai Balcani all’Afghanistan, e che come soldati sono rimasti uccisi o si sono ammalati per via dalle polveri dell’uranio impoverito, «l’U238», il materiale con cui si costruiscono i proiettili di artiglieria che perforano le corazze dei tank.