Veneto-Lombardia: menù etnico e pausa preghiera per operai immigrati

Pubblicato il 20 Maggio 2013 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA

Veneto-Lombardia: menù etnico e pausa preghiera per operai immigratiBERGAMO –   Menù etnico, pause preghiera, corsi di italiano, accorpamento delle ferie per tornare nel Paese d’origine: sono alcune delle novità che le aziende lombarde e venete hanno introdotto per venire incontro ai lavoratori extracomunitari.

Dario Di Vico sul Corriere della Sera spiega che solo in Lombardia la Cisl ha censito 19 accordi che regolano permessi lunghi, corsi di lingue, culto e alimentazione. Ma spesso i diritti vengono concessi senza un intesa scritta, ma solo verbale. Questo perché, soprattutto nel caso di titolari leghisti, si teme di urtare la sensibilità degli altri operai. 

Alcune di queste novità sono invece entrate nell’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici: come quella del diritto al lutto. In Italia i giorni di permesso sono tre, ma per chi deve attraversare il Mediterraneo o comunque fare molti chilometri di volo per andare dai propri familiari morti sono pochi. Così si è deciso che gli operai extracomunitari possono accorpare un periodo di assenza lunga, fino a 30 giorni, compensandola poi con recuperi flessibili.

Non solo: gli stranieri possono anche chiedere un permesso retribuito per le festività previste dalla propria religione. Hanno ottenuto una pausa per andare in moschea oppure spazi dedicati alla preghiera nella stessa azienda. In alcuni casi anche di più. Una fonderia di Thiene, in Veneto, ha attrezzato uno spogliatoio per le abluzioni degli operai musulmani e una cassa edile ha concesso agevolazioni e prestiti agli operai africani che dovevano tornare in patria per votare alle elezioni del loro Paese.

Tra le aziende interessate Di Vico cita Alstom, Lindt, Trafilerie Mazzoleni, Aima, Marcegaglia, Italfaro, Rholo, ma non solo. I lavoratori sono di tutti gli ambiti: meccanici, alimentaristi, chimici, edili, tessili. E molti di loro, da anni in Italia, da semplici lavoratori sono entrati nei sindacati, e oggi sono in prima linea nella battaglia per l’integrazione. Anche attraverso questi diritti.