Veronica Panarello, interrogatori: “Così è morto Loris”

di redazione Blitz
Pubblicato il 26 Febbraio 2016 - 16:03 OLTRE 6 MESI FA
Veronica Panarello, interrogatori: "Così è morto Loris"

Veronica Panarello, interrogatori: “Così è morto Loris”

RAGUSA – Tre interrogatori, per la prima volta ecco la “voce” di Veronica Panarello. Il 25, il 29 gennaio e il 9 febbraio, la mamma di Loris Stival, indagata per il suo assassinio, confessa a suo dire chi ha ucciso il bambino, chi l’ha aiutata. Si tratterebbe del suocero Andrea Stival, con il quale aveva una relazione clandestina. Lui avrebbe ucciso il bambino per eliminare un testimone scomodo di quella relazione. Veronica appare confusa durante la prima chiacchierata con la psicologa, addirittura fuori di sé. Ecco le sue parole, raccolte da La Sicilia (per leggere l’edizione integrale clicca qui).

La prima confessione alla psicologa, il 25 gennaio:

«Dottoressa sono felice che ci sia lei oggi… mi ricordo di lei… lei mi deve aiutare… io ho un peso nel petto e voglio liberarmi… voglio raccontarle la verità». Poi, in un clima da tragedia greca («piange ed è visibilmente provata», annota la psicologa) aggiunge: «Io so chi è il mostro che ha ucciso mio figlio. È vicino a noi, è dentro la famiglia». Infine, la versione-choc: «Non ho ucciso io Loris, è stato mio suocero Andrea». Dice di avere paura. Il figlio più piccolo «quella mattina lo portai a Divertilandia perché lì era più sicuro». «Dottoressa, io a mio figlio l’ho trovato già morto, ero andata a buttare la spazzatura e quando sono rientrata l’ho trovato a terra. Ho provato a rianimarlo, ma ormai… ». Aggiunge anche una confusa descrizione della scena del delitto: Loris «l’ho trovato senza pantaloni e senza mutandine, mio suocero era lì a casa… Mio figlio non è morto con una fascetta, ma con un filo, un cavo». La psicologa, con straordinaria prontezza, si trasforma in investigatrice. E le chiede come il suocero Andrea fosse entrato in casa: «Io avevo detto a Loris – risponde – di non aprire a nessuno, ma lui forse non mi ha ascoltata… lui era troppo buono… non poteva immaginare». Il racconto di Veronica non ha un filo logico, né cronologico. Salta al finale: «Mi ha detto lui tutto quello che dovevo fare e di tenere la bocca chiusa, se no anche l’altro piccolo… ». Poi, nel descrivere l’occultamento del cadavere, usa uno strano plurale: «Me l’hanno messo in macchina… ». E continua: «Mi ha detto Andrea di farmi trovare lì al canalone… lo ha messo lui in macchina (torna il singolare, ndr)… io l’ho solo sistemato e buttato giù». Il viaggio dal luogo del delitto al canalone? «Ero da sola… lui (Andrea Stival, ndr) non lo so com’è arrivato lì, ma era lì, perché me lo ha buttato lui lì».

Interrogatorio in carcere davanti al pm, 29 gennaio:

Sono qui, in ospedale, perché rubai arance» Veronica sembra confusa. Dà segni di nervosismo, trema. E non riconosce nemmeno le persone che ha davanti. Identifica l’avvocato Villardita come «Franco Di Gerolamo, un amico di mio padre». La giovane assistente del legale, Mariangela Russo, diventa «Mary Angel». A tratti la mamma di Loris canticchia la canzone Ti regalerò una rosa di Simone Cristicchi (il testo parla di malattia mentale e solitudine di un recluso in ospedale psichiatrico). Quando le chiedono dov’è, lei risponde di trovarsi «in ospedale», perché «qualcuno mi accusato di aver raccolto delle arance in un terreno». Oltre che del luogo, la donna dimostra di non avere contezza della dimensione del tempo: «Oggi è il 19 novembre e fra due giorni Davide mi verrà a prendere per festeggiare il nostro anniversario di nozze», sostiene. «Con Andrea rapporti sessuali consenzienti» Ma l’atteggiamento della donna cambia quando le fanno il nome di Andrea Stival, che viene indicato «come persona cattiva che frequenta la sua casa per prendere il posto del marito Davide quando questi è fuori per motivi di lavoro», si legge nel verbale d’interrogatorio. E poi viene al (quasi) dunque: «Quando mio marito non c’è e i bambini sono a scuola», il suocero, «che io accudisco», manifesta «attenzioni sessuali nei miei confronti». Il pm e gli investigatori la lasciano parlare in libertà, senza pressare più di tanto. Veronica, dopo qualche minuto di digressioni varie, ammette: «Abbiamo una relazione, ma ho paura che Davide lo sappia». Lei si definisce «consenziente ai rapporti sessuali» e aggiunge di «aver ricevuto pressioni da Andrea» affinché «non rivelasse a nessuno di tale relazione» temendo «il discredito sociale per tutta la famiglia». Ma fino a dove? «Fino al punto di affermare che avrebbe fatto qualcosa, ritengo di male» a Loris e al fratellino.

Seduta della perizia psichiatrica, 9 febbraio:

«Probabilmente da oggi riposerà in pace» È pronta per dirci il nome che ieri non si sentiva di fare? «Sì», risponde. Tremando. «La notte ha portato consiglio. Tenere tutto dentro non serve a niente. Mi sento in colpa perché sono stata zitta». Ribadisce il concetto, ovvero che «pensavo di proteggere» l’altro figlio, «invece sto proteggendo qualcun altro». Poi la notizia: «Quella mattina non ero sola. Sono responsabile io, ma anche qualcun altro. Non avrei potuto scenderlo io: Loris pesava 18 chili, io 48… E quando è addormentato sono più di 18 chili». Poi l’esito di un’auto-perizia psichiatrica: «Matta io non ci sono. Non lo faccio apposta. Se sono stata così è stata paura, paura, paura… ». Il nome, quel nome, è ancora sottinteso. Ma il movente, convitato di pietra di questo processo, è già sul piatto: «Loris aveva capito più di quanto io immaginassi. E, anche se avevo provato a parlargli, qualcun altro voleva parlargli pure». Una consolazione indotta («Probabilmente da oggi Loris riposerà in pace») e un’ammissione: «Ho mentito quando sono andata a fare il sopralluogo a casa». Poi subito alla scena del delitto: «I polsi li ho legati io, ma non l’ho strangolato io. Chi era con me stava discutendo con me. Loris non è morto strangolato con una fascetta, ma da un cavo Usb di un computer. Non pensavo che andasse a finire così… ».