Siria. Le proteste represse nel sangue: decine di morti a Daraa

Pubblicato il 8 Aprile 2011 - 19:12 OLTRE 6 MESI FA

Bashar Assad, foto Ap

DARAA – Nuovo venerdì di proteste anti-regime in Siria e nuova giornata di sanguinosa repressione da parte delle forze di sicurezza: sono circa venti i morti tra i dimostranti a Daraa, nel sud, e quelli a Homs, a nord di Damasco. Finora i media governativi parlano invece di soli due morti, tra cui un agente, e attribuiscono la responsabilita’ delle violenze a non meglio precisate ”bande armate”, che dall’inizio della mobilitazione tre settimane fa si sono palesate soltanto in occasione di manifestazioni anti-governative.

Come ormai è consuetudine dalla metà di marzo, il ”Venerdi’ della resistenza” era stato indetto sui social network dagli attivisti e dissidenti non affatto soddisfatti delle timide aperture annunciate nei giorni scorsi dal regime. Gli episodi più violenti si sono verificati a Daraa, già teatro della dura repressione del regime: secondo testimoni oculari e fonti mediche locali 17 persone sarebbero state uccise da agenti in borghese, appostati sul cavalcavia che collega la città vecchia al nuovo quartiere della stazione ferroviaria. La tv di Stato ha prontamente smentito la notizia fornendo un’altra versione dei fatti: ”uomini armati hanno aperto il fuoco contro fedeli appena usciti dalle moschee e agenti di polizia, uccidendone uno assieme a un’autista di un’ambulanza”.

L’emittente ha anche mostrato le presunte immagini degli ”uomini armati”, mentre testimoni oculari affermano che tra le vittime ci sono due medici, freddati mentre soccorrevano alcuni feriti. Almeno altri due morti si registrano a Homs, a nord di Damasco, dove le forze di sicurezza avrebbero fatto uso di gas asfissianti. Le proteste si sono in serata allargate anche a Hama, a soli 40 km piu’ a nord. Circa 2.000 persone si sono radunate nella citta’ vecchia (ricostruita dopo esser stata rasa al suolo nel 1982 per reprimere la ribellione dei Fratelli musulmani) ma sono state disperse dagli agenti. I primi a scendere in strada dopo la preghiera erano stati intorno alle 13 locali i curdi delle regioni del nord-est, decine di migliaia dei quali avevano ottenuto, dopo 49 anni di discriminazione, il diritto di nazionalità. La televisione di Stato siriana ha detto poi che 19 poliziotti sono stati uccisi e 75 feriti da ”gruppi armati” a Daraa, nel sud del Paese.

A Hasake, capoluogo della regione nord-orientale, ma soprattutto a Qamishli e Amuda, cittadine lungo i confini con Turchia e Iraq, sono usciti dalle moschee scandendo slogan ”per la liberta”’ e ”l’unità della Siria”. Dei circa 200.000 curdi discriminati, 120.000 ”stranieri” sono ieri diventati siriani, mentre i restanti 80.000 maktumin (deprivati) sono rimasti tali. ”Mentre in mattinata il presidente Bashar al Assad annunciava la naturalizzazione dei curdi, in serata gli agenti della polizia segreta terrorizzavano le famiglie di Hasake intimando loro di non scendere in strada, perché in quel caso non avrebbero beneficiato del nuovo decreto”, ha detto all’ANSA Wissam Tarif, attivista siriano di spicco per i diritti umani. Dal nord-est le proteste si sono propagate a Damasco, nei quartieri periferici di Kfar Suse, Daraya e Harasta, poco lontano da Duma, a nord della capitale e altro epicentro, venerdi’ scorso, nelle della violenta repressione delle forze di sicurezza.

Sin dalla mattinata, a Duma erano state tagliate le linee telefoniche, mentre le forze di sicurezza avevano eretto posti di blocco agli ingressi del sobborgo per impedire che manifestanti da altri quartieri vicini potessero affluire nella piazza cittadina, anche oggi gremita di migliaia di manifestanti. Notizie di proteste sono giunte anche dai porti di Tartus, Jabla e da Latakia, a nord-ovest di Damasco e capoluogo della regione alawita da cui proviene la famiglia presidenziale, e dove centinaia di giovani hanno urlato alle forze di sicurezza: ”Andate nel Golan!”, in riferimento al fronte ”di guerra” tra Siria e Israele, tra i più calmi del Medio Oriente da decenni.