Il regista racconta al Sundance Festival l’Egitto: “In rivolta tutto il paese, persino i beduini”

Pubblicato il 28 Gennaio 2011 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA

PARK CITY (UTAH, STATI UNITI) – La questione della povertà e del mancato rispetto dei diritti umani in Egitto è sstata raccontata anche al Sundance film festival, la rassegna del cinema indipendente che si chiude domenica.

Ieri è stato proiettato l’attesissimo “Life in a day” di Ridley Scott, il primo social filmmaking della storia a cui avevano partecipato oltre 80mila candidati, caricando su YouTube il materiale girato il 24 luglio 2010.

Tra i 26 prescelti per il documentario planetario c’è un’unica italiana che da anni vive in Egitto, Cristina Bocchialini, 39 anni. Cristina è sposata con Ayman El Gazwy, un regista cairota di 35 anni: “È una reazione che ci aspettavamo da tanto tempo” spiegano Cristina e Ayman da Park City nello Utah, in cui si sta svolgendo il Sundance Festival, commentando le rivolte egiziane. “Soprattutto dopo quanto è successo in Tunisia. Il paese è al collasso, la gente chiede il riconoscimento di diritti sacrosanti come libertà di stampa e di parola, pretende che ci siano elezioni trasparenti e che a Mubarak non succeda suo figlio”.

Ayman è preoccupato, passa gran parte del giorno connesso, ma qui i social network e internet in generale sono bloccati. “Ci sono ragazzi che si sono dati fuoco” spiega Ayman. “Alcuni nostri amici registi, giornalisti, attori sono stati arrestati. In Egitto vige la legge marziale e la gente ha paura anche solo a stare in gruppo”.

Contro Mubarak, fa notare Cristina, “si è mobilitato tutto il paese anche il sud, perfino i beduini, e i genitori manifestano portandosi dietro i bambini. Non si vedeva una rivolta così dal 1977”.

Nel film di Ridley Scott ci sono squarci del Cairo inconsueti per l’occhio del turista: il lancio delle reti di notte sulle scialuppe dei pescatori che abitano l’isola fluviale della capitale; le riprese nella cosiddetta città dei morti, un enorme cimitero con costruzioni risalenti all’età dei Mammalucchi (XIV secolo), dove alcune famiglie poverissime hanno trovato abitazione nelle cripte.

L’ultima parte della giornata riprende la vita in una famiglia cristiano-copta, in cui madre e padre sono sordomuti, mentre i tre figli parlano, sentono e conoscono il linguaggio dei segni, facendo così da tramite tra i genitori e il mondo. Ma alla piaga della povertà si aggiunge la paura. Non si può dissentire dal regime, non si è liberi di fare nulla. Gli stessi registi devono chiedere autorizzazioni per fare qualsiasi tipo di ripresa.

Ayman non è però fiducioso sull’esito delle proteste: “Credo che la rivolta non cambierà nulla e verrà repressa nel sangue”. In questo video, Ayman e Cristina si raccontano a Sundance: