Terremoto: come nel 2004. Cataclisma in Asia. Una replica e anche un annuncio

Pubblicato il 30 Settembre 2009 - 16:51 OLTRE 6 MESI FA
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Un villaggio delle Samoa dopo lo tsunami

Ore dodici e sedici italiane, sul fondo del mare a 80 chilometri di profondità, 50 chilometri al largo della costa di Sumatra, la terra si muove, si scuote all’intensità di 7,6 gradi della scala Richter, cioè con una violenza e forza da cataclisma. Trema l’ Indonesia, la Malaysia, Singapore. Si evacuano i grattacieli, si contano le vittime, all’inizio il conto si fa sulle decine. Divampano incendi, strade interrotte da frane, ponti inagibili. Man mano che le ore passano si scoprono macerie e il conto cambia: si comincia a parlare di migliaia sotto le macerie di edifici e strutture. E si guarda il mare, mezz’ora dopo il sisma era salito di circa trenta centimetri di livello.

La cronaca continua e si aggiorna, in peggio. E la cronaca è fatta anche di memoria: molto, se non tutto, sembra la replica di quanto avvenne nel dicembre del 2004, quello che tutti in ogni parte del mondo abbiamo visto in tv, quello che nessuno può dimenticare, quello che fece forse, almeno mezzo milione di morti. Anche stavolta come allora c’è un primo terremoto: stavolta nelle isole Samoa, allora al largo dell’isola Macquarie. Cinque anni fa dopo 58 ore arrivò il secondo terremoto forza 9,1 che innescò il grande maremoto. Stavolta tra il primo e secondo terremoto, entrambi tra il settimo e l’ottavo grado, l’intervallo di tempo è stato di 18 ore. Somiglianze, analogie, ripetizioni che significano purtroppo una cosa sola: la placca indo-australiana è diventata instabile. Così dicono i sismologi, in parole profane un pezzo di mondo, quello che sta sotto il Pacifico, si muove e scuote l’intero sub continente asiatico.

Tra qualche ora i morti si conteranno a centinaia, la devastazione apparirà di grandi proporzioni. Ma, se possibile, il peggio è che quell’enorme porzione del pianeta è come un triciclo senza una ruota, come una bottiglia che rotola su un piano inclinato, come un palo di sostegno che cede. Il cataclisma asiatico numero due non è solo una replica, è, purtroppo, anche un annuncio.