Vaticano/ I missionari e la rivolta degli oboli

Alessandro Marchetti (Scuola Superiore di Giornalismo Luiss)
Pubblicato il 14 Maggio 2009 - 15:51 OLTRE 6 MESI FA

Mentre Benedetto XVI è per la prima volta in Palestina, in Vaticano sono alle prese con la rivolta dei missionari cattolici: 150 delegati, in rappresentanza di tutte le organizzazioni sparse nel mondo, si riuniranno lunedì in assemblea generale.
Il motivo? La gestione centralizzata dei fondi da destinare alle missioni, da tempo motivo di attrito con Santa Romana Chiesa. Sabato prossimo è prevista la decisione.

Quello di lunedì sarà una sorta di “conclave” riservato, ma soprattutto delicatissima per l’intenzione, resa nota dal quotidiano La Repubblica, «di far approvare una norma con cui svincolare dal diretto controllo del Vaticano gli aiuti che i fedeli destinano alle missioni». Dal 2005 infatti, per volere di Papa Wojytla, offerte, lasciti e donazioni raccolti dalla comunità cristiana per le opere missionarie è gestito direttamente dalla Propaganda Fide, la Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Sul tavolo dei lavori (in un istituto dei Salesiani alle porte di Roma) c’è il Rapporto 2007 sulle offerte ed i sussidi della Pontificia Opere Missionarie, l’organizzazione della Congregazione che gestisce il riparto dei proventi. La cifre complessive si aggirano attorno ai 200milioni di dollari. Quanto pesi la decisione che uscirà dai lavori dei 150 delegati, lo si capisce anche solo da uno sguardo ai numeri del movimento missionario: più di 753mila le missionarie donna e 55mila circa gli uomini. A cui vanno aggiunti anche gli 80mila seminaristi. Un esercito di evangelizzatori che si potrebbe definire «quasi un partito anti-Curia e anti-Ior», riporta Repubblica. Il che, considerando anche il prossimo rinnovo dei vertici della Banca vaticana (Angelo Caloia è in scadenza nel 2010), fa presagire un delicato scontro di interessi.