Gruppo Agnelli, Gabetti: “A maggio lascio presidenza dell’accomandita a John Elkann”

Pubblicato il 9 Aprile 2010 - 20:35 OLTRE 6 MESI FA

Gianluigi Gabetti

A maggio, all’assemblea degli azionisti sul bilancio 2009, Gianluigi Gabetti lascerà la presidenza dell’accomandita, la Giovanni Agnelli e C. Sapaz.

John Elkann, già alla guida dell’Exor, la finanziaria del gruppo, e vicepresidente della Fiat, si prepara così ad assumere le redini anche della cassaforte che controlla tutte le società partecipate della famiglia e tiene uniti i 90 discendenti degli Agnelli.

“Lascerò in occasione della prossima scadenza del mandato”, ha detto Gabetti in tribunale a Torino in una breve dichiarazione spontanea rilasciata al processo sulla vicenda dell’equity swap Ifil-Exor. Da sempre vicino alla famiglia e in particolare all’Avvocato, Gabetti è nel gruppo da 40 anni e lo ha sostanzialmente guidato dalla morte di Umberto Agnelli nel 2004. É stato lui ad accompagnare, in una sorta di ruolo di consigliere, il giovane John, erede designato dal nonno, nella sua maturazione e nel progressivo rafforzamento dei poteri. E ora è arrivato il momento di lasciare a Elkann, che possiede da solo, attraverso la società semplice Dicembre, un terzo del capitale dell’accomandita e ne è già vicepresidente da un paio di anni, la piena leadership del gruppo.

Gabetti, 86 anni ad agosto, non ha nascosto l’emozione per il proposito, maturato da tempo e indipendente dall’esito della vicenda giudiziaria, ma anche l’amarezza per il processo in cui é coinvolto, da lui sentito “quasi come un’ombra diffusa su tutta la mia vita di lavoro”. “Devo dire con assoluta sincerità – ha detto commosso – che pensavo di poter compiere questo passo con la serenità, piena e da nulla turbata che deriva dalla consapevolezza di avere bene impegnato il mio tempo al servizio delle responsabilità affidatemi da un gruppo così profondamente legato alla vita di questa città e, in qualche misura, del Paese. Ho costruito la mia carriera nel rigore della legge. Ho trovato ispirazione in valori ben diversi dal detto ‘il fine giustifica i mezzi’, estraneo anche ai miei principi etici e professionali”.

E poi ha aggiunto: “Ho approfittato della facoltà concessami dalla legge non solo per rappresentare questo mio stato d’animo, ma soprattutto, più che la speranza la certezza che la sentenza vorrà restituirmi la serenità con la quale ho sempre svolto il mio lavoro”.