“Calciatori a Mirafiori”. Il grido che manca allo stadio e lo sciopero che non ci sarà

di Lucio Fero
Pubblicato il 13 Settembre 2010 - 13:26| Aggiornato il 14 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Ad un milione di lavoratori metalmeccanici, ma poi la richiesta si estenderà anche ad altri comparti industriali, viene appunto chiesto di accettare meno salario in busta paga quando l’azienda è in crisi. In quel caso, cioè quando i risultati aziendali non sono buoni, si chiede di accettare non venga pagata la parte dello stipendio che deriva appunto da accordi aziendali integrativi dl contratto nazionale. Dunque, meno salario se le cose non vanno. Si chiede anche di accettare che, se il tasso di assenza dal lavoro supera in quella fabbrica limiti fisiologici e ragionevoli, non saranno pagate le prime giornate di malattia del singolo lavoratore. Insomma se la massa si comporta troppo furbescamente, paga anche il singolo malato davvero. E questo per non caricare sulle spalle dell’azienda affaticata dalla crisi il peso dell’assenteismo diventato abitudine. Si chiede inoltre di non porre limiti al lavoro straordinario quando la produzione “tira” e di passare da 40 a 200 ore di straordinario possibili. Infine si chiede di sottoscrivere accordi che vietino forme di sciopero che bloccano la produzione. Interromperla con lo sciopero si può, ma bloccarla no. E una regola che già c’è nella siderurgia, gli altoforni non devono mai spegnersi, si tratta di estenderla anche alla catena di montaggio  o alle “isole di produzione”.

In nome del realistico principio del “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”, quasi tutta la collettività nazionale, governo, ministri, Cisl, Uil, Ugl, grandi giornali, economisti e commentatori chiedono ai metalmeccanici oggi e agli altri domani di adeguarsi al mondo che c’è, mondo che non consente di mantenere le vecchie abitudini, talvolta pessime, e i vecchi diritti. Sintetizzano Marchionne e Tremonti: “Altrimenti si hanno diritti perfetti e nessuna fabbrica”. Altrimenti si chiude o si va a produrre all’estero. Dunque al “popolo dei 1000/2000 euro al mese” si chiede di fare buon viso a cattivo gioco. Si chiede loro di non illudersi e di non farsi illudere da chi cocciutamente “resiste” come la Fiom e, in parte, la Cgil. L’umore nazionale, diciamo così, invita i lavoratori a farsene una ragione e ad essere responsabili e realistici.

Massimo Oddo, capofila della "protesta" dei calciatori

Negli stessi giorni si affaccia alle cronache una strana simmetria. C’è un altro piccolo popolo, quello da un milione e trecentomila euro l’anno di “salario” medio. Si chiede a questo popolo di rinunciare alla parte del salario legato ai risultati aziendali se i risultati non arrivano. Si chiede loro di farsi curare dai medici aziendali e non da quelli che ognuno si sceglie ma poi paga l’azienda. Si chiede di accettare di andare a lavorare in altra “azienda”, garantendo la parità di salario. E come reagisce il popolo da un miliardo e trecentomila? Dichiarando uno sciopero che “blocca la produzione”. Quanto al rifiuto di ogni straordinario, questo piccolo popolo difende come un diritto naturale la vacanza, le ferie che vanno da prima di Natale a dopo l’Epifania. Il “piccolo popolo” è quello dei calciatori. Ma, a parte qualche articolo di giornale che la butta sul cosiddetto “costume”, nessuno al governo, tra i ministri, i sindacati, gli economisti e i commentatori grida: “Calciatori a Mirafiori”. E, se qualcuno lo fa, l’umore nazionale non chiede ai calciatori quel che si esige dai metalmeccanici.

Uno sciopero hanno indetto i calciatori. E uno sciopero lo meriterebbero, uno sciopero nazionale contro di loro. Meriterebbero che dagli spalti degli stadi in coro alla prossima giornata di campionato tutti intonassero, per una volta a proposito, il canto “a lavorare, andate a lavorare”. Meriterebbero che per una giornata, una sola, giornali e tv si astenessero dall’intervistarli sull’impegno, sul proclama e sul “cosa fa la differenza”. Meriterebbero che qualcuno gliela spiegasse “la differenza”. Ma è uno sciopero che non si farà quello contro di loro. Il paese è stufo dei metalmeccanici ottusi, sui calciatori non concorda ma sorvola e si adegua.