La Cina metterà sul piatto 100 miliardi a patto di garanzie vere

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 28 Ottobre 2011 - 13:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Piano con gli entusiasmi: l’acquisto da parte della Cina di bond emessi dall’Efsf, il fondo di stabilità creato dall’Unione Europea, ”non sarà in discussione” nella prossima riunione del G20. Lo ha affermato oggi il viceministro delle finanze di Pechino Zhu Guangyao in una conferenza stampa a Pechino. L’Europa ha già messo gli occhi su quei 3200 miliardi di dollari custoditi dalla Banca Centrale Cinese: una minima percentuale di quella montagna di denaro investita nelle traballanti istituzioni finanziarie europee cancellerebbe di colpo ogni remora e ostilità culturale a spalancare le porte al temibile Dragone.

Pechino, però, vuol vederci chiaro. L’accordo raggiunto in extremis dai leader europei sul fondo salva-stati, ha forse convinto l’opinione pubblica dell’Euro-zona e calmato per un po’ i mercati, ma il dossier è allo stato attuale ancora una petizione di principio e una promessa di impegno. Zhu Guangyao ha aggiunto che l’ Efsf (European Financial Stability Facility) ha varato dei nuovi strumenti d’investimento che devono essere ”studiati” prima di prendere una decisione. Klaus Regling, chief executive dell’Efsf, ha infatti sottolineato che la sua visita a Pechino, in corso, non riguarda nuovi acquisti di bond da parte cinese. Regling ha aggiunto che la Cina e altri Paesi asiatici hanno già acquistato il 40% dei bond emessi dal fondo e che la sua visita ha lo scopo di ”discutere con gli investitori”.

La visita comunque non è un fatto episodico. Il premier Sarkozy ha personalmente telefonato giovedì sera a Hu Jintao, numero uno a Pechino, sollecitando un maggior impegno della Cina nel fondo di aiuti ai paesi europei, in vista del prossimo vertice del G20. Un ministro francese, Gerard Longuet, si era spinto addirittura a dichiarare che la Cina ha più fiducia nel futuro dell’Europa e della sua valuta che degli Usa e del dollaro. Il Financial Times ha quantificato il possibile contributo cinese in 100 miliardi di dollari, subordinato a condizioni precise. L’ultima cosa che la Cina vuole “è buttare la ricchezza del paese” afferma Li Daokui, componente del comitato di politica monetaria della banca centrale cinese. I leader europei non hanno ancora esibito le garanzie necessarie a proteggere l’eventuale investimento. E la sola garanzia soddisfacente è l’introduzione di misure attendibili per la crescita e lo sviluppo. Parte dell’investimento, comunque sarà in yuan, così da tutelarsi da eventuali fluttuazioni dei cambi.

La Cina è interessata, così come gli altri paesi emergenti, a scongiurare un’altra crisi mondiale e a circoscrivere il contagio del virus europeo. Ma mettere sul piatto 100 miliardi vorrebbe dire, innanzitutto, procurarsi un formidabile strumento di pressione perché l’Europa gli riconosca lo status di economia di mercato. Cosa che avverrà automaticamente nel 2016, ma che nel frattempo, gli concederebbe più margini di operatività commerciale, frenata dai continui ricorsi contro il dumping, le violazioni del copyright ecc…Inoltre, mentre con una mano elargisce denaro sonante prezioso per le languenti casse europee, l’altra sarebbe libera di fare la spesa indisturbata di grandi banche e comparti industriali molto lucrativi. Senza contare che i toni spesso ultimativi sulla politica valutaria cinese non saranno più tollerati.

In atto c’è dunque una partita strategica di ampio respiro, di lungo termine, non priva di rischi enormi. La Commissione Europea predica prudenza. Il commissario Olli Rehn non si nasconde il pericolo: “Cinesi, russi, brasiliani avrebbero indirettamente un posto al tavolo dell’Eurozona”. Non possiamo insomma presentarci con il cappello in mano dalla Cina senza dover pagare un prezzo altissimo anche in termini di autostima: non farcela da soli  significa contare di meno nel mondo e subire le decisioni dei grandi cui abbiamo ceduto il testimone. Il Corriere della Sera riporta un giudizio illuminante del presidente del fondo sovrano cinese Jin Liqun: “L’Eurozona è una di alcune entità politiche ed economiche che si aspettano la carità dalla Cina e dai mercati emergenti. Noi vi rispettiamo, per favore rispettate voi stessi “.