Deaglio su La Stampa lancia una frecciata al governo Monti

Pubblicato il 15 Gennaio 2012 - 17:39 OLTRE 6 MESI FA

Elsa Fornero (Lapresse)

ROMA – Mentre da Roma a Napoli, passando per Torino i tassisti accendono le città con la loro rivolta anti-liberalizzazioni, dalle colonne del quotidiano “La Stampa” del 14 gennaio, l’economista Mario Deaglio lancia fa una riflessione:

“La «rivolta» dei tassisti di ieri ha rappresentato un chiaro esempio dei problemi strutturali del Paese e della difficoltà di risolverli. Per rendersene conto, si può far riferimento a una coraggiosa intervista mandata in onda mercoledì sera dal telegiornale TV7 di Enrico Mentana: un tassista di Bologna – che ci ha pure «messo la faccia», evitando quei filtri che sfocano le immagini fino a renderle irriconoscibili ma anzi puntando molto chiaramente lo sguardo verso la telecamera – ha affermato di dichiarare al fisco il 40 per cento in meno delle proprie entrate effettive. E ha sostenuto che la grande maggioranza dei suoi colleghi deve fare altrettanto se vuole arrivare alla fine del mese con un reddito decente. Il tassista in questione non è sicuramente ricco, fa turni di dodici ore per un incasso incerto che non dipende tanto dalla sua diligenza o abilità ma da fattori esterni come la congiuntura e magari la fortuna di incrociare i clienti giusti. Nella posizione del tassista probabilmente si trova gran parte dell’artigianato e del piccolo commercio, all’incirca 3-4 milioni di lavoratori: sui loro redditi effettivi, governi di ogni colore hanno, pressoché da sempre, chiuso bonariamente un occhio. In passato le cose possono essere state differenti ma oggi la loro è un’«evasione difensiva», ossia messa in atto per sostenere un tenore di vita e un piano di vita che sentono, talora drammaticamente, sfuggire tra le mani”.

Il ragionamento di Deaglio è interessante anche perché vede nel declassamento di Standard&Poor’s un retroscena politico e non fa nessuno sconto al governo di Mario Monti, di cui la moglie Elsa Fornero è ministro del Welfare.

“Il giudizio negativo di Standard&Poor’s appare pesantemente politico, nel senso che suona come una dichiarazione di aperta sfiducia non tanto nelle cifre inoppugnabili – della manovra, ma nella capacità del governo Monti di realizzare il suo programma. Un giudizio ancor più grave perché pronunciato il giorno dopo l’aperto appoggio del cancelliere tedesco”.

Deaglio però poi non affonda il coltello nella ferita inferta all’esecutivo ed evita la rissa in famiglia tralasciando la questione lavoro, dove la moglie ha messo già le mani sconvolgendo il sistema pensionistico.

L’economista prosegue così: “Il fatto è che l’Italia non può andare avanti così: siamo di fronte una questione di aritmetica assai prima che a una questione di etica. Il problema sorge perché la finanza internazionale che dà il voto – come ha fatto duramente ieri sera – all’«allievo Italia» e dalla quale l’Italia dipende per rifinanziare, settimana dopo settimana, il suo debito pubblico si è fatta molto più severa nell’ultimo anno: se non cambia meccanismi sociali, come quelli legati all’«evasione difensiva», l’Italia non troverà più chi le presti, a un tasso di interesse accettabile, le risorse finanziarie che le servono per far quadrare i conti. Ecco allora da un lato i tagli ai servizi pubblici, a cominciare da quelli locali, inaugurati dal passato governo e dall’altro la nuova posizione in cui si trovano gli evasori: il tassista, il negoziante, l’artigiano sono costretti a cercare a pagamento nel settore privato quelle prestazioni che potrebbero ottenere gratuitamente dal settore pubblico se pagassero pienamente le tasse. E lo stesso devono fare, se lo possono, i cittadini che le tasse comunque le pagano. L’evasione si morde la coda e il Paese resta fermo, inefficiente e insoddisfatto”.