Fca-Renault, John Elkann in trionfo sui giornali: Operazione Newton, i codici segreti

di Sergio Carli
Pubblicato il 30 Maggio 2019 - 06:23 OLTRE 6 MESI FA
Fca-Renault, John Elkann in trionfo sui giornali: Operazione Newton, i codici segreti

Fca-Renault, John Elkann in trionfo sui giornali: Operazione Newton, i codici segreti

ROMA – Fca-Renault, John Elkann è l’architetto che ha avuto visione e coraggio per lanciare l’alleanza e riuscire, si spera, dove Sergio Marchionne era fallito. I due principali giornali finanziari dell’occidente, il Wall Street Journal e il Financial Times hanno ricostruito le tappe della vicenda, sviluppatasi nel giro di un mese, e attribuiscono al presidente di Fca, al suo carattere e al suo buon rapporto con l’omologo francese di Renault, Jean-Dominique Senard, il merito dell’operazione che, se andrà in porto, farà del combinato Fiat-Chrysler-Renault in terzo produttore di automobili del mondo; il primo se, cosa per ora molto difficile, aderissero anche i giapponesi di Nissan e Mutsubishi.

La trattativa si è sviluppata come in un romanzo di spionaggio, con nomi di codice, tutti di fisici famosi: “Newton” per il progetto, “Fermi” per la parte italiana e “Rutherford” per i francesi. Decisivo sembra essere stato il carattere dei due futuri partner: condividono, spiega il Financial Times, gli stessi modi gentili in contrasto con i precedenti manager Marchionne e Ghosn.

Elkann e Senard “hanno in comune un’eleganza molto europea: si esprimono bene, sono educati”, ha detto una persona a conoscenza dei loro colloqui. “Pur non avendo la stessa età  hanno gli stessi codici”.

John Elkann sembra sintetizzare alcune caratteristiche peculiari dei nonni: la gentilezza formale e sostanziale di Giovanni Agnelli, che copriva una coerenza morale e una capacità di tenuta che hanno garantito la sopravvivenza della Fiat e anche dell’Italia negli anni di piombo e dintorni; la durezza e la visione di Jean Paul Elkann, che da fuggiasco in America per sottrarsi ai nazisti diventò imprenditore negli Usa prima di dominare la scena industriale francese nel dopoguerra. Non poco contano probabilmente anche i genitori, Margherita, orgogliosa e caparbia come una regina e Alain, capace di dominare un lingua non sua, l’italiano e, contro i disegni del padre, entrando a buon diritto nel novero dei buoni scrittori, bravi e di successo.

A convincere John Elkann a prendere l’iniziativa è stata la notizia, in aprile, che la Renault aveva rinunciato a fondersi con Nissan. Elkann ha chiamato Senard. Durante i colloqui,  Senard aveva chiarito a Elkann che un accordo con Nissan, che possiede il 15% della Renault e la casa automobilistica francese detiene una partecipazione del 43%, era irrealizzabile:”È stato davvero difficile trovare dei modi per parlare con le nostre controparti giapponesi, al momento sono totalmente irragionevoli”, ha detto una persona vicina alla Renault, citata dal Financial Times, riferendosi all’amministratore delegato di Nissan Hiroto Saikawa.

John Elkann, rivela il Financial Times, ha incontrato il presidente Emmanuel Macron, il governo francese in Renault possiede una quota del 15%, per rassicurarlo che la fusione creerà un gigante europeo in grado di competere con le case automobilistiche statunitensi e asiatiche. Conoscendo la sensibilità politica sulle fusioni che coinvolgono le grandi società francesi, Senard ha trattato l’argomento con Macron.

Il governo francese si è fidato dell’accorta diplomazia di Senard, per esplorare le idee sulla fusione pur difendendo gli interessi industriali nazionali della Francia. Al contrario, a Roma la Fiat Chrysler non ha informato il governo italiano che  non ha capitale nel gruppo automobilistico e quindi nessuna voce in capitolo nella trattativa. Per questo Elkann non ha ritenuto necessario consultarlo. Matteo Salvini alla stampa ha detto che “Fiat Chrysler in espansione, per l’Italia è una buona notizia. Un’operazione brillante per creare un gigante europeo dell’auto”.

Fiat Chrysler ha inviato la proposta alla Renault domenica scorsa. Una fusione 50:50 che farebbe mantenere a Senard il ruolo di presidente, Elkann come presidente non esecutivo, la famiglia Agnelli e il governo francese con partecipazioni e potere di voto diluiti. Il consiglio di amministrazione della Renault ha dato il consenso per esplorare ulteriormente la proposta.

I contatti fra i due aspiranti partner si sono sviluppati secondo un copione degno di John Le Carré. Il piano è stato elaborato in una serie di incontri segreti nelle abitazioni private di John Elkann e Jean-Dominique Senard, rispettivamente a Torino e Parigi. E’ nella capitale parigina che vive Senard, ex amministratore delegato del gruppo Michelin, dopo che gennaio è stato nominato presidente della Renault in seguito al terremoto nel gruppo causato dall’arresto dell’ex Ceo Carlos Ghosn. Per stabilire le condizioni dell’accordo, Senard ed Elkann hanno conversato in francese, che il presidente della Fca parla correntemente avendo studiato in un liceo d’élite di Parigi.

Il Financial Times ha scritto che gli incontri sono diventati più frequenti e urgenti nelle ultime due settimane, quando ci sarebbe stata l’accelerazione per un passaggio dall’ipotesi di alleanza a quella di una vera e propria fusione. E’ stata la caduta di Ghosn, oggi in carcere a Tokio, e la nomina di Senard a rendere possibile una fusione tra Renault e FCA. Alla Bocconi di Milano, Elkann ha dato l’annuncio ufficiale per il via alla fusione FCA-Renault, parlando di “un giorno inimmaginabile”.  

Altro elemento decisivo probabilmente è stata anche la dolorosa e prematura uscita di scena di Sergio Marchionne.
“Una morte a Zurigo, quella di Marchionne, un arresto a Tokyo, quello di Ghosn e un giovane erede che da tempo desiderava allentare la dipendenza della sua famiglia dal business automobilistico, sono i potenti fattori umani che hanno contribuito a una fusione che potrebbe sconvolgere l’industria automobilistica mondiale” è la sintesi in puro stile Edward Gibbon che fa il Wall Street Journal.

“Il presidente della Fiat, John Elkann, ha sempre desiderato sfoltire le partecipazioni della sua famiglia nel settore automobilistico, e la morte dell’ex amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne e l’arresto di Carlos Ghosn hanno cambiato la dinamica che ha reso possibile un accordo”. John Elkann, nel 2004, a 28 anni è diventato vice presidente della Fiat e da allora, e oggi come presidente, ha lavorato per trasformare la famiglia Agnelli-Elkann in investitori globali diversificati.

La diversificazione è già iniziata. Nel 2015, Elkann ha lanciato un’opa ostile di 6,8 miliardi di dollari di Exor, holding degli Agnelli, per acquistare Partner Re Ltd, la compagnia tra le prime dieci nella hit parade delle riassicurazioni. Dopo che la direzione aveva respinto la sua offerta, ha portato il caso direttamente agli azionisti di Partner Re. Elkann l’anno scorso ha inoltre guidato la creazione di Exor Seeds, un fondo di investimento con 100 milioni di dollari da investire in startup tecnologiche.

Nel 2013, quando morì Giovanni Agnelli seguito dal fratello Umberto a distanza di poco più di un anno, l’inesperto John Elkann si trovò alle prese con un caos finanziario. Nel 2002 e nel 2003 la società aveva subìto perdite per 6 miliardi di euro. Le banche italiane avevano concesso un prestito di 3 miliardi di dollari che la Fiat non era in grado di restituire e stavano facendo pressione alla famiglia Agnelli affinché vendesse.

Ma Elkann persuase la maggior parte dei familiari a investire più soldi in Fiat. Incontrò Sergio Marchionne, l’uomo che ha trasformato la Fiat. Marchionne non solo la trasformò ma cinque anni dopo fece l’audace tentativo di prendere il controllo della Chrysler in bancarotta. La proposta di fusione tra Fca e Renault nasce dall’esigenza di sopravvivere all’intensa competizione mondiale e alla tecnologia in veloce evoluzione.

Il successo di qualsiasi unione tra Fiat Chrysler e Renault dipenderà dal fatto che le due società possano fondere le rispettive culture aziendali e attenersi ai risparmi promessi. I governi e i sindacati francesi e italiani sarebbero probabilmente contrari a qualsiasi piano di chiusura di stabilimenti o di riduzione della forza lavoro, nessuno dei quali era incluso nei piani annunciati lunedì scorso.

Marchionne aveva già provato e fallito, due volte, a persuadere il colosso statunitense General Motors dei vantaggi di una fusione. Aveva persino persuaso gli azionisti della GM a fare pressione sul consiglio di amministrazione. La sua tattica aveva fatto scalpore ma rafforzato la sua reputazione di negoziatore prepotente.

I colloqui esplorativi con altri concorrenti, tra cui Ford Motor Co. e Volkswagen AG, non avevano portato a niente.  Tre anni fa, i colloqui tra Marchionne e l’ex capo della Renault, Ghosn, sulla necessità di stringere legami più stretti tra le società, non avevano portato a una svolta. Ma quando si hanno due manager come loro, scrive il Financial Times, un’intesa del genere è più difficile viste le loro forti ed esigenti personalità.

A ottobre, Elkann e il nuovo CEO, Mike Manley, hanno venduto Magneti Marelli alla giapponese Calsonic Kansei, di proprietà di KKR & Co., per 6,2 miliardi di euro, un prezzo più alto di quanto molti si aspettassero. Poco tempo dopo ha rivolto l’attenzione alla Francia. Renault e PSA Group, produttrice di Peugeot, stavano entrambe cercando di rafforzare la loro presenza globale. In particolare PSA  stava cercando di rientrare nel mercato automobilistico statunitense, e un legame con Fiat Chrysler potrebbe consentire l’accesso ai concessionari e alle fabbriche americane. La Renault invece stava cercando di convincere il partner giapponese Nissan Motor Co. a stringere legami più stretti.