Manovra, Corte dei Conti: “La lotta all’evasione ha un rischio di credibilità”

Pubblicato il 20 Maggio 2010 - 01:45 OLTRE 6 MESI FA

Per la futura lotta all’evasione “c’é un rischio credibilità che potrebbe anche incidere sui conti pubblici, dato che le manovre sono sempre più coperte da entrate che arrivano proprio dalla stretta sugli evasori”. E’ quanto sottolinea la Corte dei Conti che ha presentato il primo rapporto sul coordinamento della finanza pubblica relativo al 2009.

Dall’analisi della magistratura contabile emerge comunque che le politiche economiche messe in atto dall’Italia hanno consentito di fronteggiare meglio la recessione e forse consentiranno una miglior uscita dalla crisi. Ma non sono poche le criticità.

A partire dall’impatto che il Pil nominale del nostro Paese dovrà smaltire: secondo i calcoli della Corte sono stati infatti “bruciati” 130 miliardi in 5 anni (dal primo Dpef fino al 2012). E le ricette in campo per la correzione dei conti e il rilancio economico sono difficili da attuare.

Ad esempio, sul fronte del contenimento della spesa ci sono margini di “razionalizzazione”, ma complessivamente negli anni scorsi “si é raschiato il fondo del barile”.

Per quanto riguarda la lotta all’evasione la Corte parla di “rischi latenti e perduranti problemi di credibilità”. Rischi che “non vanno sottovalutati”.

Tra i punti di criticità si segnala lo “stress organizzativo” e anche “la sovrapposizione di previsioni di gettito che insistono sulle stesse basi imponibili” come, ad esempio, quelle di chi è ricorso allo scudo fiscale che riducono chiaramente i margini della lotta all’evasione internazionale.

Tali rischi possono inoltre influire sui conti pubblici: “gli aumenti di gettito attesi dalla lotta all’evasione, così come quelli connessi alla crescente dilatazione della raccolta dei giochi e alla maggiore efficacia della riscossione dei ruoli e della riscossione coattiva hanno acquisito un peso essenziale e determinante ai fini dell’attuazione delle manovre di finanza pubblica”. Cioé si tende a coprire sempre più ampie quote di manovra ricorrendo proprio a questo genere di entrate, che ormai vengono contabilizzate sin dall’inizio.

La Corte invita quindi il governo a “ben ponderare le iniziative di ulteriore riorganizzazione degli apparati, come quella che ridisegna le competenze dell’Agenzia delle entrate su base provinciale”. Per quanto riguarda la crisi, la Corte sottolinea che le “dimensioni inusuali della recessione” potrebbero costare all’Italia 130 miliardi di euro dall’inizio della legislatura fino al 2010.

Ma il Paese ha dimostrato una buona tenuta dei conti pubblici che sono stati sottoposti a un maggior controllo. La Corte mette in evidenza come la perdita del Pil nominale di 130 miliardi sia “un importo equivalente a due volte l’attuale spesa per interessi sul debito. In queste condizioni può rivelarsi difficile conservare gli obiettivi di spesa espressi in quota del prodotto, a meno che non si accetti una riduzione dei livelli assoluti della spesa stessa”.

L’Italia però, nonostante i rischi a venire, ha mostrato di aver saputo reggere, nonostante il 2009 sia stato “un anno infelicissimo, marcato dai riflessi della crisi economica”. L’Italia ha lasciato andare il disavanzo dove lo portava il ciclo negativo (5%) varando provvedimenti neutrali sul saldo. Una scelta peculiare in ambito europeo, ma che ha portato alla tenuta dei conti anche grazie al maggior controllo effettuato dagli altri Paesi.

Ci sono stati poi strumenti che hanno funzionato meglio che in passato: ad esempio il controllo della spesa statale, la spesa per il personale pubblico e i limiti posti a carico delle amministrazioni locali. Con un esempio di maggior ‘virtuosita”: i Comuni. Ma sulla spesa pubblica “si è già raschiato il fondo del barile”, e non si può spingere troppo (per nuove entrate) sui giochi perché “c’é un limite etico, e lo Stato non può spingere i cittadini a giocare di più”. Né il taglio ai top manager della pubblica amministrazione potrà aiutare più di tanto.