Pensioni bloccate, il primo fu Prodi. Con Salvini-Di Maio da 50 a 1500 euro in meno in tre anni

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 9 Luglio 2019 - 06:54 OLTRE 6 MESI FA
Italia. Pensioni bloccate, il primo fu Prodi. Con Salvini-Di Maio da 50 a 1500 euro in meno in tre anni

Pensioni bloccate, il primo fu Prodi. Con Salvini-Di Maio da 50 a 1500 euro in meno in tre anni (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Pensioni bloccate, bloccate rispetto all’inflazione, all’aumentare cioè del costo ufficiale della vita. Qui si parla delle pensioni cosiddette in essere, cioè dell’assegno percepito da chi è già in pensione e quindi non ha più la possibilità/capacità di rincorrere un aumento del costo della vita producendo nuovo reddito. Insomma si parla di con la pensione a suo tempo presa ci vive e ci deve vivere. Pensioni che come ogni reddito subiscono l’erosione del costo della vita. Erosione lenta negli ultimi anni di bassa inflazione, ma pur sempre erosione. E se la si subisce per decenni ecco che una pensione media all’inizio si fa pensione non povera ma certo risicata alla fine.

Per tenere a freno questo fenomeno anche pensioni sarebbero progressivamente adeguate nell’importo all’inflazione. Sale il costo della vita, sale un po’ l’importo della pensione. Sarebbero e non sono. Sarebbero perché spesso così non è stato. E una volta che non è stato…è per sempre. Ciò che le pensioni non recuperano per via di mancato adeguamento all’inflazione mai più nella vita del pensionato rientra. Il taglio, anche se piccolo, è a vita. Il pensionato si trascina il taglio per tutta la vita, lo chiamano, appunto, effetto trascinamento.

Erano anni relativamente lontani e fu Prodi premier a stabilire che pensioni pari a 5 volte il minimo non recuperavano l’inflazione, non venivano adeguate all’inflazione. Poi arrivò Berlusconi premier e ripristinò l’adeguamento, ma quel che se ne era andato se ne era andato per sempre. Ancora Prodi, ancora governo Prodi e pensioni bloccate rispetto all’inflazione, stavolta quelle otto volte sopra il minimo. Poi Berlusconi toglie il blocco, stessa storia, stesso permanere dell’effetto trascinamento. Quindi Berlusconi toglie i blocchi ma tiene in cassa dello Stato gli effetti dei precedenti blocchi.

Bloccano ancora qualcosa delle pensioni (o mantengono i blocchi) il governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Blocchi fissati fino al 2018. Quando arrivano al governo Salvini e Di Maio per interposto Conte. Tutto doveva finire nel 2018, doveva essere l’anno della fine dei blocchi alla rivalutazione delle pensioni. Con Salvini e Di Maio una sicurezza lo stop ai blocchi. Invece il governo Conte-Salvini-Di Maio ha fatto peggio, almeno quantitativamente, di quanto fece Prodi. Stavolta il blocco alla rivalutazione è scattato dal primo gennaio 2019 per le pensioni pari a tre volte il minimo (Prodi aveva fatti cinque e poi otto volte).

Che vuol dire il blocco in soldoni, in euro? Vuol dire che in tre anni (a tanto è fissato il limite temporale del blocco, ma poi vien sempre prorogato) una pensione da 1.200 al mese netti ci rimette 44 euro. Circa un euro e mezzo al mese. Una pensione da 1.600 netti al mese ci rimette in tre anni 467 euro, circa 15 al mese. Una pensione da 1900 euro netti al mese ci rimette 1200 euro in tre anni, poco meno di 40 al mese. E una pensione da 2200 netti al mese ci rimette 1500 euro, circa 40 euro al mese. Pensioni non da ricchi, tutt’altro: da 1200 a 2200 euro netti al mese, pensioni per campare. Cui si levano da 50 a 1500 euro in tre anni.

Ma non è tanto il taglio, il tanto è che il taglio si trascina per tutta la vita della pensione e del pensionato. E questo per circa cinque milioni di pensionati e questo per mandare in pensione in tre anni tre/quattrocentomila persone già a 62 anni. Non un buon affare, né per il welfare, né per la cassa pubblica, non per il lavoro, tanto meno per l’equità sociale e previdenziale. Prodi bloccava le pensioni, Salvini le blocca più di Prodi, la differenza? Quando Prodi bloccava pensioni perdeva voti, quando le blocca Salvini guadagna voti. Eccola la differenza.