Ultimatum dell’Ue all’Italia: equiparare età pensionabile. L’Inps intanto manda 20 milioni di lettere

Pubblicato il 3 Giugno 2010 - 09:56| Aggiornato il 11 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Ultimatum della Commissione Ue all’Italia: se non equiparerà immediatamente l’età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L’avvertimento – secondo quanto apprende l’ANSA da fonti vicine al dossier – è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 intimava all’Italia di innalzare l’età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.

Nella missiva – sempre secondo quanto si apprende – si chiedono spiegazioni sui ritardi e si sottolinea come la questione sia rimasta irrisolta dopo i tanti richiami succedutisi negli anni; e nonostante nel giugno 2009 Bruxelles abbia aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese proprio per la mancata attuazione della sentenza della Corte.

Per rispettare pienamente la sentenza della corte di giustizia europea, l’Italia deve “abrogare il periodo di transizione di otto anni” nell’arco del quale sarà equiparata l’età pensionabile tra uomini e donne nel pubblico impiego. Lo ha spiegato il portavoce della vicepresidente della commissione Ue Viviane Reding, sottolineando come il nostro Paese debba “sanare immediatamente una situazione che dura da anni e che per la legge comunitaria é discriminatoria”.

“Speriamo che non si debba arrivare a una nuova condanna per l’Italia”, ha aggiunto il portavoce, ricordando come in questa eventualità il rischio per il nostro Paese è quello di vedersi comminata una multa. “L’Italia – ha quindi ricordato – è stata già condannata due anni e mezzo fa. Ha cambiato la sua legge, ma le modifiche non sono ancora conformi alla legislazione europea. La differenza di età pensionabile nel settore pubblico tra uomini e donne, 65 anni per i primi e 60 per le seconde non é legale, e nessun periodo di transizione – ha concluso il portavoce – deve essere permesso”.

Sul fronte interno si registrano intanto novità. Finestre, slittamenti, scorrimenti, dipendenti pubblici o autonomi: con la manovra si complicano i calcoli contributivi per conoscere alla fine quale sarà il proprio trattamento pensionistico. L’Inps è pronta a inviare 20 milioni di lettere che spieghino le novità introdotte: per tutti, non solo per quel milione interessato al rinvio della pensione programmato dalla finanziaria appena licenziata.

Le finestre mobili introdotte dall’articolo 12 del 31 maggio 2010 sui trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità colpiscono maggiormente i titolari di pensione di vecchiaia rispetto alla precedente normativa. I lavoratori autonomi, come al solito, devono fare i conti con un allungamento più consistente che può arrivare fino a 12 mesi di attesa in più. Per i dipendenti invece la maggior attesa si colloca a 9 mesi in più rispetto al “vecchio” sistema delle finestre.

Saranno infatti poco meno di un milione i lavoratori dipendenti e autonomi che, a partire dal 2011, subiranno un rinvio dell’assegno dell’Inps, in base al nuovo sistema «a scorrimento», imposto dalla manovra, che determinerà un risparmio di 3 miliardi entro il 2013. Un meccanismo che il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, ha curato personalmente e che, a suo giudizio, elimina le sperequazioni dello schema a «finestre fisse», finora adoperato, che affidava la sorte del pensionando alla sua data di nascita. «Il senso di questa manovra sta proprio nella maggiore equità che viene introdotta con strumenti, come quello dello “scorrimento”, ma anche con l’inasprimento della lotta all’evasione contributiva e al fenomeno delle false invalidità».

È importante ribadire che coloro i quali maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia e di anzianità entro il 31 dicembre 2010 usufruiranno delle vecchie finestre. Altro aspetto consiste nel fatto che nulla cambia sul piano dei requisiti per l’ottenimento delle predette pensioni.

«Il senso di questa manovra sta nella maggiore equità che viene introdotta con strumenti, come quello dello ‘scorrimento’, ma anche con l’inasprimento della lotta all’evasione contributiva e al fenomeno delle false invalidità – spiega ancora Mastrapasqua – Il meccanismo del rinvio del pensionamento imposto dalla manovra elimina le sperequazioni dello schema a “finestre fisse”, finora adoperato, e interessa circa un milione di lavoratori dipendenti e autonomi. Per i lavoratori dipendenti coinvolti l’assegno, sia di anzianità che di vecchiaia, arriverà 12 mesi dopo il raggiungimento dei requisiti, per gli autonomi, dopo 18 mesi».

Non sarà facile per chi entra nel mondo del lavoro più tardi e in modo spesso precario: da qui a 30 anni, si passerà da una pensione pari al 75-80% dell’ultimo stipendio a un trattamento pari al 50-55%. «Ognuno deve prendere coscienza di quella che è la propria situazione contributiva per provvedervi: non è più possibile pensare al proprio trattamento il giorno prima di andare in pensione. Ecco perché stiamo inviando ai lavoratori 20 milioni di lettere contenenti il loro estratto conto previdenziale, cioè l’ammontare dei contributi finora accumulati».

Saranno in tanti a rendersi conto della necessità della previdenza complementare, che finora però non sembra decollata: «I tempi di attuazione della riforma si sono rivelati più lunghi del previsto, forse per mancanza di informazioni sulla sua necessità, cui ora stiamo rimediando ».