Pensioni: lavori di più, prendi di meno. Cosa prevede la manovra

Pubblicato il 28 Settembre 2011 - 11:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Si lavorerà di più, si prenderà meno di pensione: con le misure previste dalla manovra (abolizione del sistema retributivo, calcolo sulla speranza di vita, aumento della “finestra mobile”), il sistema pensionistico subirebbe delle variazioni che imporrebbero sacrifici ai lavoratori. La speranza della maggioranza è quella di aumentare il gettito nelle casse statali.

Ecco tutte le novità punto per punto, così come le ha spiegate Giampiero Falasca sul Sole 24 Ore.

Sistema contributivo pro rata (o sistema misto)

Attualmente il sistema misto è una sintesi di quello retributivo (pensione calcolata in base agli ultimi stipendi ricevuti) e quello contributivo (che si basa solo sui contributi versati): nel sistema misto l’erogazione della pensione avviene con il sistema retributivo per i contributi versati entro il 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo per il resto dei contributi. La manovra abolirebbe la possibilità di usufruire del sistema retributivo per chi ancora ne ha diritto.

Blocco della perequazione

La perequazione è l’adeguamento automatico delle pensioni all’inflazione. La manovra stabilisce che le pensioni abbiano una rivalutazione secondo vari parametri.

Pensioni che non superano cinque volte il trattamento minimo: sono le pensioni fino a 2.304,85 euro. Tra queste, quelle fino a 1382,91 euro (tre volte il trattamento minimo) saranno rivalutate del 100%. Per le pensioni che valgono tra le tre e le cinque volte il trattamento minimo dell’Inps (tra i 1382 e i 2304 euro), la rivalutazione è del 90%.

Pensioni che superano cinque volte il trattamento minimo: Rivalutate del 70% le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo Inps. Nessuna rivalutazione invece per gli importi superiori.

Contributo di solidarietà

Subiranno una tassa extra le pensioni superiori ai 90 mila euro (lordi). Contributo del 5% per quelle tra 90 e 150 mila euro. Contributo del 10% per quelle superiori al 10%.

Pensione di anzianità e la “quota 97”

Lavoratori dipendenti. Dal 1 gennaio 2013 i lavoratori dipendenti potranno accedere alla pensione quando avranno raggiunto “quota 97” (somma dell’età del lavoratore e degli anni di contributi versati). L’età minima richiesta sarà di 61 anni (dunque con 36 anni di contributi minimo). Oggi il limite è di quota 96 e l’età minima è di 60 anni.

Lavoratori autonomi: Dal 1 gennaio 2013 gli autonomi dovranno avere almeno 62 anni e raggiungere quota 98. Attualmente i limiti sono 61 anni e quota 97.

Pensione di vecchiaia

Per ottenerla esiste un’età minima. Per gli uomini il limite minimo resterà di 65 anni. Per le d0nne la divisione è tra impiegate pubbliche e lavoratrici del privato: per le prime dal 1 gennaio 2013 si passerà dai 61 anni ai 65 anni. Per le altre il passaggio sarà graduale: a partire dal 2014 si passerà dagli attuali 60 anni ai 65 anni nel 2025.

Finestra mobile

E’ il periodo di attesa tra la fine del lavoro e il percepimento della prima pensione. Per chi ha versato 40 anni di contributi è previsto uno scalone: finestra di 13 mesi nel 2012, 14 mesi nel 2013 15 mesi dal 1 gennaio 2014). Attualmente i lavoratori dipendenti attendono 12 mesi, gli autonomi 18 mesi.

Speranza di vita

Entrerà a regime dal 2013. In base a questo calcolo (già effettuato dall’Istat), se cresce la speranza di vita, crescono i requisiti anagrafici per le pensioni di vecchiaia e anzianità: si va in pensione più tardi.