Quando a Melfi ci andava Monti: aspirine e cuori forti. Ma di Cig non si parlò

Pubblicato il 15 Gennaio 2013 - 21:19 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Marchionne (foto LaPresse)

ROMA –  Corre il giorno 20 dicembre. Mario Monti arriva  a Melfi col piglio del “risolutore”. Entra nello stabilimento dove lo attendono i “pezzi più grossi di Fiat”, l’amministratore delegato Sergio Marchionne e il presidente John Elkann. Prima di entrare incassa l’applauso dei dirigenti e degli operai, di quegli stessi operai che oggi si trovano improvvisamente in cassa integrazione straordinaria per due anni, fino al dicembre 2014.

Ma quel 20 dicembre le aspettative, di premier e operai sono altre, sono quelle della grande sfida. Non a caso Monti esce e agli operai, sempre tra gli applausi spiega: “Oggi, da Melfi, parte un’operazione che non è per i deboli di cuore, ma noi sappiamo che può emergere un’Italia forte di cuore”. E’ il giorno del “discorso dell’aspirina”, quello in cui Monti racconta dei sacrifici fatti perché “all’Italia non bastava un’aspirina”.

E comunque è un Monti rassicurante e rassicurato, probabilmente da Marchionne e da quel miliardo di investimento che Fiat ha in programma per Melfi. Nulla si sa, quel 20 dicembre, dei due anni di cassa integrazione per tutti gli operai dello stabilimento.

Ufficialmente, spiega la Fiat, perché bisogna rinnovare i macchinari per produrre le auto. Per Marchionne, insomma, è una cassa integrazione “normale”.  La certezza, però, stando ai sindacati non è così cristallina. E per ora si registra il dato di due anni di stop. Così quelle parole sui “deboli di cuore” oggi suonano sinistre, quasi beffarde. Intanto le macchine si fermano. Poi si aspetta l’investimento. Per Marchionne è sicuro, per la Fiom un po’ meno. La speranza, stavolta, è che abbia ragione l’amministratore delegato.