Mistero del default Sicilia. Monti lo invoca la mattina per farlo sparire a sera

Pubblicato il 19 Luglio 2012 - 14:08 OLTRE 6 MESI FA
Raffaele Lombardo, governatore dimissionario della Sicilia

ROMA – Se fallisce la Sicilia, chi paga? I cittadini siciliani, sicuro. Ma anche lo Stato, che pur non essendo per legge il garante dei debiti della Regione, potrebbe essere chiamato a intervenire per evitare il panico sui mercati. Non sono domande oziose, visto che nella stessa giornata si è passati dalla tempesta improvvisa di un default al cessato allarme retrocesso a transitoria mancanza di liquidità appianata con veloce assegno di 400 milioni di euro elargiti dallo Stato. Soldi che servono a pagare gli stipendi.

Il mistero si infittisce, da ieri tutti a guardare al rating siciliano e comunque a dover includere tra le ipotesi anche quella di un crack. Senza considerare che un conto è il rating che valuta la capacità di rifondare le obbligazioni emesse, un altro è il giudizio sul bilancio. Ipotesi che hanno fatto anche a Palazzo Chigi. La tempistica della sortita di Mario Monti spiega parecchie cose ma non tutto. Spiega il valore strumentale di un intervento che da tempo il Governo aveva in mente: sono i bilanci regionali dissestati che mandano fuori controllo la spesa pubblica, l’avvertimento a Lombardo serve perché tutti intendano. E intendano anche gli occhiuti controllori tedeschi, olandesi, finlandesi, scettici sulla capacità dell’Italia a cambiare registro.

Prima Monti ha ricevuto l’assessore al bilancio siciliano e l’incontro non è stato affatto esaustivo. Poi l’allarme lanciato dal vicepresidente di Confindustria in Sicilia Lo Bello sulla Sicilia ormai grecizzata, è stato colto al volo da Monti che martedì sera ha chiesto al governatore Lombardo quand’è che avrebbe rassegnato le dimissioni annunciate. Mercoledì mattina l’allarme sul default siciliano occupa la scena politica su tutti i giornali: mercoledì sera colloquio urgente con Napolitano, quasi un gabinetto di crisi. Infine, l’annuncio del trasferimento dei 400 milioni di euro a Palazzo dei Normanni. Strano copione drammatico con lieto fine perlomeno incongruo. Il Governatore Lombardo, per molti altri aspetti poco difendibile, ha torto a gridare “vergogna”? Quei 400 milioni sono la miglior smentita al rischio default.

Il gioco montiano è valso la candela? Troppe opacità oscurano la chiarezza strategica. La rinnovata ostilità tedesca hanno fatto venire più di un dubbio sul “successo” del premier a Bruxelles, forse un po’ troppo enfatizzato alla luce dello stop al famoso salvagente anti-spread. Il messaggio che Monti indirizza a tedeschi, olandesi e finlandesi (cani da guardia insofferenti) è che lui è un “tagliatore” inflessibile o che non appena solleva la coperta della spesa pubblica spuntano trucchi e acrobazie di bilancio di una classe dirigente irredimibile?

Quanto alla minaccia di commissariamento, la pistola sembra scarica. Tecnicamente, “l’articolo 120 della Costituzione dice chiaramente che in caso di rischio per l’unità economica della Repubblica, lo Stato può assumere provvedimenti e poteri sostitutivi”, sostiene Luca Antonini, deputato leghista docente a Padova e a capo della Commissione per l’attuazione del Federalismo fiscale (intervistato da La Stampa). Praticamente un percorso di guerra più accidentato di quello da Monti stesso evocato. Sarebbe una gara a tempo con Lombardo che vuole arrivare allo scioglimento dell’Assemblea Regionale  e alle elezioni anticipate per rinnovarle a ottobre. Si dimetterebbe lui lasciando al suo vice l’ordinaria amministrazione e neutralizzando il ricorso alo commissario.