I sindaci pronti a tassare: Venezia, Torino, Perugia, Foggia… Ecco l’elenco

di Riccardo Galli
Pubblicato il 26 Gennaio 2011 - 16:34 OLTRE 6 MESI FA

Bossi e Calderoli

ROMA-I sindaci pronti a tassare: Venezia, Torino, Trapani, Perugia, Nuoro, Macerata, Lecco, Foggia, Como, Brescia, Asti, Agrigento…I sindaci tentati di tassare: Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Cremona, Ferrara, Forlì, Palermo, Cremona, Campobasso, Cagliari, Parma, Varese, Verbania…I sindaci che potranno tassare: 4.840, tutti quelli che nei loro Comuni finora non hanno applicato l’addizionale Irpef, il 59, 8 per cento del totale. Gli altri potranno aumentare l’addizionale. Tassare, in nome e per effetto del federalismo fiscale, almeno per gli anni che ci vorranno fino a che il federalismo non andrà “a regime”. I sindaci delle varie categorie li ha censiti Il Sole24 Ore,  il Corriere della Sera si è accorto in prima pagina del”Federalismo con più tasse”.

Federalismo al costo iniziale di circa un miliardo di euro, un conto che spetterà ai cittadini saldare. Federalismo per tenere in piedi il Governo e federalismo da fare il più in fretta possibile. Questa la posizione, e in qualche modo anche il ricatto politico, con cui la Lega tiene in pugno Berlusconi tanto da costringerlo a fare quello che ha sempre più temuto, aumentare le tasse. Si, perché il federalismo deve passare, e se anche in origine doveva essere  riforma che avrebbe garantito gli stessi servizi senza costi aggiuntivi,  nella migliore delle ipotesi riforma che avrebbe garantito persino qualche servizio in più con meno tasse, grazie alla riduzione degli sprechi, ora si scopre che il federalismo ha dei costi, perlomeno iniziali, che i cittadini dovranno pagare.

Questi costi si chiamano addizionale Irpef comunale. Congelata dal 2008 il Governo, per accontentare i comuni che chiedono come faranno a far quadrare i loro bilanci, sta seriamente pensando di sbloccarla. Una forma di neanche troppo elegante scaricabarile, in buona sostanza il Governo tramite il federalismo taglia dei fondi agli enti locali e poi, per far sì che i bilanci funzionino, permette ai suddetti enti di aumentare le tasse locali, senza aver lui, il Governo centrale, diminuito le sue di tasse. Risultato: stessi servizi di prima del federalismo con dei costi aggiuntivi. Per carità, questo non vuol dire che sul lungo periodo il federalismo non porti poi una riduzione delle tasse come da sempre sostengono i suoi sostenitori ma è un fatto che oggi, federalismo, si traduce con più tasse.

Ma, essendo federalismo, non vuol dire più tasse per tutti e nello stesso modo, ed ecco che torniamo all’addizionale Irpef comunale. I Comuni, come dicevamo, avevano visto congelata la possibilità di regolare questa addizionale nel 2008, ora potranno metterci di nuovo mano, ma con delle regole. Già oggi non in tutti i Comuni si paga un’eguale addizionale, a Roma per esempio si paga lo 0.9 %, record nazionale fatto con una legge ad hoc e non imitabile dagli altri comuni. Tranquilli, se non risiedete nel comune di Roma pagherete in ogni caso di meno. Mentre a Milano l’addizionale comunale è pari allo 0%. Già oggi è quindi una forma di tassazione a macchia di leopardo, ma non è basata su un criterio di merito nei bilanci, molti dei Comuni che oggi non prelevano addizionale non lo fanno perché quando è stata tolta loro la possibilità di modificarla, ancora non avevano fatto in tempo ad introdurla, sono semplicemente stati battuti sul tempo.

Ma oggi che si apre di nuovo questa strada sono già molti i sindaci che si sono detti pronti ad approfittare dell’occasione. Gianni Mongelli, sindaco di Foggia “più che di un’opportunità parlerei di un obbligo: che cosa si può fare dopo un taglio di 6,7 milioni, come quello che ci è imposto dalla manovra d’estate?”. Mentre l’assessore al bilancio di Torino Passoni dice: “da noi i tagli sono stati di 42 milioni: l’aumento per essere significativo dovrebbe essere fra lo 0,1 e lo 0,2 %, e non basterebbe nemmeno a compensare la stretta”.

Tutti più o meno a malincuore ma pronti a ritoccare l’Irpef, pronti ad Agrigento, Asti, Brescia, Como, Foggia, Lecco, Macerata, Nuoro, Perugia, Torino, Trapani e Venezia. Molti anche i forse, dettati da una comune prudenza pre elettorale, si sa che non giova presentarsi agli elettori come quelli che hanno aumentato le tasse, tanto più che il Governo delega l’aumento sperando forse di delegare anche la responsabilità. Incerti quindi, o prudenti, ad Andria e a Bari, cosi come a Bologna, Cagliari, Campobasso, Cremona e Ferrara. Possibilisti a Forlì, Palermo, Parma, Varese, Verbania, Vercelli e Viterbo.

A onor del vero molti sono anche i Comuni che promettono di ricorrere all’aumento, ma quanti manterranno la promessa passata la paura del voto o di fronte a dei bilanci disastrosi? Va anche detto che tra i comuni che promettono di non ritoccare l’Irpef ce ne sono anche alcuni che fanno i “furbi”, come nel caso di Roma che già oggi applica un’aliquota unica in Italia, dove unica significa la più alta e senza eguali, strano sarebbe se dicesse di volerla aumentare. Scongelare la possibilità di ritoccare l’Irpef non significa ovviamente lasciare liberi i comuni di fare come gli pare, ai comuni che oggi non chiedono nulla verrebbe concesso di arrivare a chiedere lo 0,4 %, mentre a quelli che già tassano i propri cittadini verrebbe concesso di aumentare il prelievo di uno 0,1 o 0,2% all’anno sino a raggiungere un massimo dello 0,8 %.

La somma di tutto questo si traduce in un miliardo di euro in più che i Comuni potranno chiedere e pretendere. Dietro ai decimali si nascondono infatti cifre importanti per i bilanci, l’aliquota media che oggi viene applicata è dello 0,34% che si traduce in un gettito di 2,88 miliardi di euro (le cifre sono del 2009 perché questo è l’ultimo anno per cui sono disponibili dati completi), se tutti si adeguassero alla soglia massima dello 0,8% si arriverebbe a 3,76 miliardi di euro, e non serve essere Einstein per vedere che c’è una differenza di 880 milioni di euro. Questo sarà il biglietto d’ingresso del federalismo, con buona pace di tutti quelli che l’hanno sempre sbandierato come l’unica via per ridurre le tasse.