Snam e Terna in unica super holding sotto Cdp. Flavio Cattaneo al comando?

Pubblicato il 29 Maggio 2013 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Flavio Cattaneo e Sabrina Ferilli (Foto LaPresse)

Un interrogativo serpeggia fra le stanze del Palazzo romano: quali nuovi assetti di potere fra  grandi bojardi di Stato seguiranno alla esecuzione del progetto di mettere Snam e Terna sotto una unica holding, a sua volta controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti? La Cassa è ormai una specie di super banca di Stato, forte dei contanti dei depositi postali: può investire senza alterare i parametri di salute della finanza pubblica.

Chi andrà al comando della super portaerei da miliardi di fatturato e ancor più di patrimonio?

In apparenza lo scopo della operazione, che è stata rivelata dal Giornale di Berlusconi il 22 maggio, è di mettere assieme due aziende abbastanza stabili, che trasportano gas e elettricità in condizioni di monopolio, per offrire alle banche una nuova forma di investimento abbastanza sicuro, una specie di bot in cui i rendimenti si possono prevedere quanto meno costanti.

In prospettiva la nuova holding potrebbe anche accogliere la società delle reti telecom e magari, perché no, quelle tv e radio, alleggrendo le aziende, in primis Rai e Mediaset, da un onere economicamente pesante (manutenzione soprattutto) e con rischi giudiziari (inquinamento, di gran moda).

Sembra una novità ma l’idea della holding era stata già elaborata un anno fa da Flavio Cattaneo, capo di Terna: non se ne capivano i veri vantaggi, anche perché i risparmi promessi erano un po’ pochi rispetto al potenziale e non veniva spiegato il modo di procedere; inoltre anche quei risparmi sembravano un po’ difficili da raggiungere, alla luce della promessa autonomia di gestione alle due società operative.

Una opinione diffusa è che il disegno di Flavio Cattaneo sia stato recepito in pieno dal Governo di Mario Monti, che ne ha eseguito la prima tappa, l’uscita della Snam dal controllo Eni, nella cui pancia era nata. Quando fu compiuta l’operazione, in un momento in cui si voleva salvare l’Italia e la si ammazzava di tasse, non si capiva il senso, anche perché non era prevista dalla lista della Bce, che chiedeva la privatizzazione delle municipalizzate e non il passaggio di denaro da una cassaforte pubblica alle tasche degli azionisti privati dell’Eni.

Al Governo di Enrico Letta tocca ora l’esecuzione del saldo: la creazione della holding e la costituzione del nuovo impero.