Tremonti e Bertinotti amici e nemici a Cernobbio, uniti contro la globalizzazione

Pubblicato il 4 Settembre 2010 - 19:55 OLTRE 6 MESI FA

Giulio Tremonti e Fausto Bertinotti sono d’accordo su quali sono i problemi della democrazia. Ma non sono d’accordo sulla loro soluzione, certo non sul futuro del diritto di sciopero. Fin qui (quasi) nulla di strano se non fosse che il ministro dell’Economia del governo di centrodestra ha invitato l’ex presidente della Camera, con un passato da sindacalista e da leader della sinistra, a fare una conferenza stampa insieme a Cernobbio dove entrambi si trovano per il workshop Ambrosetti.

”Facciamo un po’ di scena” ha detto Tremonti a Bertinotti entrando nella sala così gremita di giornalisti che il ministro si è rammaricato di non aver chiesto il biglietto d’ingresso e Bertinotti dispiaciuto di non aver portato il suo libro in uscita per far pubblicità.

Questa è stata la prima di una serie di gag con Tremonti che ha dato del ”Woody Allen” a Bertinotti quando si è incupito sulla fine delle ideologie che promettono la salvezza (terrena o celeste) e ha tirato in ballo il presidente del Consiglio. ”Se Berlusconi fosse qui direbbe: ‘Fausto, sei milanista, hai lasciato il comunismo. Vieni con noi”.

Solo uno scherzo in una discussione che ha trattato problemi densi e concreti. Il tema – il rapporto fra democrazia e capitalismo – permetteva di volare alto e infatti i due si sono divertiti a fare citazioni di Lincoln, Thatcher, Reagan, De Gasperi e Habermas.

Però la questione è presto arrivata all’attualità. L’analisi di Bertinotti è che la democrazia, non solo in Italia ma in Europa, è in pericolo: non quello di un ritorno del fascismo ma di una sorta di involuzione dei diritti con il rischio di non poter esprimere il dissenso. L’esempio concreto è il diritto di sciopero. ”Se a Pomigliano non posso scioperare – ha osservato l’ex segretario del Prc che si è definito ormai ”fuori corso” -, credo che la Cina sia vicina”.

Tremonti, come Bertinotti, non ha risparmiato critiche al capitalismo degli ultimi venti anni. Come lui ritiene che il pericolo per la democrazia (così come la crisi economica occidentale) derivi dalla globalizzazione (oltre che dallo spazio virtuale che è senza regole), ma la sua risposta è diversa. E, infatti, è tornato a ripetere che serve una nuova riflessione ”su come adattare il sistema di regole al mondo che cambia”.

Il riferimento è anche al diritto di sciopero e alla Fiat, questa volta però di Melfi. ”Se fosse vero che gli operai hanno bloccato la catena questa non è la forma giusta di sciopero”. ”Certo – ha ribattuto l’ex presidente della Camera – sarebbe sabotaggio”.

Ma al di là della singola questione aziendale il punto da affrontare resta. Per Tremonti, come ha detto anche al meeting di Rimini, ”se hai i diritti perfetti nella fabbrica perfetta il rischio è di conservare i diritti ma delocalizzare la fabbrica”. Spunti di riflessione per il futuro come quello sul federalismo anche fiscale che il governo sta realizzando dando entrate proprie agli enti locali visto che, rispetto ad ora, ”anche il fascismo era più federalista con un quantum di finanze locali piu’ ampio”. ”E ora – ha concluso Tremonti da perfetto uomo di economia – Bertinotti paga da bere a tutti”.